L’auto elettrica è considerata il perno di un nuovo modo di spostarsi, in grado di alleggerire l’impatto dello smog sull’aria e contribuire in maniera rilevante a sottrarre pressione ad un pianeta sull’orlo della crisi climatica.
Nella discussione sull’auto elettrica, sino a questo momento il discorso si è però concentrato su alcuni aspetti ben precisi, a partire dal costo delle vetture e dalla disponibilità di colonnine di ricarica lungo il territorio nazionale.
È quindi passato in secondo piano un altro aspetto che, pure, dovrebbe essere vagliato con una certa attenzione, ovvero quello relativo al costo della ricarica di un veicolo di questo genere. Se è vero che l’auto elettrica può rappresentare un vantaggio per l’ambiente, non deve però riflettersi in negativo sulle tasche dei consumatori. Al momento, però, non è chiaro se la bilancia penda da una parte o dall’altra. Proviamo quindi a cercare di capire meglio la questione in maniera tale da riuscire, in ultima analisi, a quantificare il risparmio che è possibile conseguire con questa forma di mobilità.
Come è possibile misurare l’elettricità necessaria per la batteria dell’automobile elettrica?
Il punto di partenza per riuscire a precisare, per quanto possibile, i costi collegati alla ricarica di un’auto elettrica è il metodo di misurazione della stessa. Abituati a discutere di litri per quanto riguarda il propellente delle auto tradizionali, in termini di benzina, gasolio e gpl, occorre infatti capire che nel caso dei veicoli elettrici il discorso è destinato a mutare in maniera profonda.
In questo caso, infatti, l’unità di misura diventa il kWh, il kilowattora, ovvero la quantità di energia che viene impiegata nel corso di sessanta minuti per far funzionare un apparecchio dotato di un kW in termini di potenza. Se, quindi, a livello internazionale si fa riferimento allo joule, è il kilowattora ad essere utilizzato in qualità di unità di vendita dell’energia elettrica da parte delle aziende che presidiano il settore. Se si intende misurare la quantità di energia elettrica necessaria al fine di ricaricare la batteria della propria auto elettrica, questo è il punto dal quale è impossibile prescindere.
Il wall-box, a cosa serve e quanto è necessario per riuscire ad aumentare la potenza dell’impianto domestico
Una volta precisato come l’unità di misura da utilizzare in questo genere di discorso sia il kilowattora, occorre ricordare una seconda cosa di notevole rilievo, ai fini della discussione: i tempi necessari al fine di poter ricaricare un’auto elettrica mediante la rete domestica sono notevolmente lunghi. La potenza standard delle abitazioni, nel nostro Paese, si posiziona infatti a 3 kW, facendo in modo che il tempo di ricarica corrispondente al pieno di una vettura green vada ad attestarsi in un arco temporale superiore alle otto ore.
Nel dato in questione non è però considerato un fattore accessorio che può in effetti complicare il tutto, ovvero il fatto che la quantità di energia la quale viene assorbita dall’autoveicolo nel corso della ricarica è in grado di condurre infine al fatidico distacco per esubero potenza. Mentre si ricarica il veicolo, infatti, non è possibile staccare gli altri apparecchi elettrici come il forno, la lavatrice, l’asciugapiatti e altri, per evidenti motivi, con il rischio di restare letteralmente a piedi.
Al fine di ovviare a questo inconveniente di non poco conto, le possibili soluzioni sono due:
1. procedere all’aumento della potenza dell’impianto domestico, facendone richiesta al servizio con cui è stato sottoscritto il contratto. In questo caso occorre ricordare come a partire dal primo giorno del 2017 sia possibile procedere alla richiesta di un aumento per scaglioni pari a 0,5 kW. Al tempo stesso il consiglio degli esperti è di portare la stessa ad ameno 6, per non rischiare di essere sempre al limite. Se sarebbe sempre il caso di controllare il contratto siglato con il proprio gestore, si può dire che la spesa necessaria per l’adeguamento dovrebbe comunque attestarsi intorno ai 250 euro, cui occorre aggiungerne ulteriori 75 di spesa per l’energia consumata;
2. procedere all’installazione di un wall-box. Si tratta di un dispositivo al quale è affidato il compito di aumentare il voltaggio e l’amperaggio in modo tale da poter diminuire il tempo necessario alla ricarica. Procedendo in questo modo è possibile portare il totale in un range compreso tra le 2 e le 5 ore, a seconda del wall-box adottato e della capacità del proprio impianto elettrico. Per quanto riguarda i costi da sostenere al fine di averne uno, la sua installazione può oscillare tra i mille e i tremila euro. Occorre anche sottolineare come alcune aziende automobilistiche abbiano deciso di comprenderlo nella propria proposta, come hanno fatto di recente Smart, con EnelX, e Hyundai, con lo JuiceBox, proprio per invogliare i consumatori a optare per i propri modelli.
Nel corso degli ultimi mesi sono però state messe in campo nuove alternative, ad esempio sotto forma di impianti domestici i quali sono però gestiti da aziende terze. In questo modo è possibile scansare l’aggravio di costi conseguente alla necessità di adeguare la potenza dell’impianto elettrico domestico o alla dotazione di un wall-box. In questo caso, la ricarica viene addebitata sul conto dell’utente, ma il contatore resta di proprietà del fornitore, al quale spetta l’onere di farsi carico non solo dell’allaccio, ma anche di garantire la potenza corretta per l’impianto desiderato. Si tratta in effetti di una soluzione in grado di fornire una soluzione estremamente conveniente.
Quanto costa all’atto pratico ricaricare un’auto elettrica a casa?
Abbiamo quindi visto sino a questo momento come sia possibile stabilire le condizioni ideali al fine di poter ricaricare la propria auto elettrica a casa, senza dover passare per le fatidiche colonnine, che del resto sono ancora poche, lungo il territorio nazionale, e spesso inutilizzabili.
È però ora di fare qualche calcolo preciso, in maniera tale da riuscire a capire quale sia lo sforzo economico per poter contribuire alla mobilità green ed evitare di rilasciare emissioni nocive in atmosfera. Per farlo occorre partire da un dato: al momento, la capacità delle batterie per le auto elettriche di piccola taglia, note generalmente come citycar, varia in una forbice compresa tra i 16 e i 24 kWh, dando così luogo ad una autonomia reale tale da potersi infine posizionare tra i 100 ed i 200 chilometri.
Se si prende in considerazione il dato minimo, ovvero 16 kWh di batteria, per poter effettuare una ricarica completa saranno quindi necessarie circa 4,5 ore con un impianto domestico da 3,7 kW, con un consumo totale di 16 kWh. Se la tariffa di 1 kWh è di 0,25 euro, con IVA inclusa, per dare vita ad un pieno la spesa andrà ad attestarsi a 4 euro, i quali possono diventare 5 nel caso dei contratti meno vantaggiosi.
Occorre però sottolineare che questo è il costo al kWh, al quale devono poi essere aggiunti tutti gli altri che sono soliti gravare sulla bolletta, come ben sanno i consumatori. A partire dai famigerati oneri di sistema, varianti da nucleo familiare a nucleo familiare, oltre che in base all’operatore scelto. Con questa aggiunta, sempre più contestata dalle associazioni di difesa dei consumatori, la spesa reale va a posizionarsi in una forbice oscillante tra i 20 e i 22 centesimi. Si tratta comunque semplicemente di una prima base di ragionamento, utile soprattutto per riuscire a capire l’eventuale convenienza di procedere alla ricarica casalinga della propria auto elettrica.
È obbligatorio avere un wall-box o una colonnina?
Occorre anche sottolineare come la normativa vigente non provveda a stabilire alcun genere di prescrizione per i possessori di un veicolo elettrico. In pratica, quindi, nulla vieta a chi intenda farlo di ricaricare sia pure molto più lentamente utilizzando una normale presa di corrente domestica.
Naturalmente, fare affidamento su una wall-box o su una normale colonnina apre la possibilità di effettuare un rifornimento in definitiva molto più intelligente e sicuro, tanto da essere solitamente consigliato dagli esperti. In tal modo, infatti, viene ad essere assorbito il massimo della potenza consentita. Le wall-box più efficienti, e costose, sono inoltre in grado di gestire la ricarica da remoto. Non si tratta di un fattore di scarso conto: in tal modo, infatti, è possibile scegliere le fasce orarie in cui l’energia costa anche molto meno che nel resto della giornata, proprio come avviene nel caso delle lavatrici.
Altra considerazione da tenere presente è poi quella relativa alla mancata necessità di dotarsi di un secondo contatore. Chi può ricaricare allacciandosi al proprio impianto principale non ha necessità in tal senso, in quanto tutto va a ricadere sul contatore già installato, alla stregua di un qualsiasi elettrodomestico.
Il discorso muta del tutto se, invece, si fa parte di un condominio. In questo caso, infatti, la ricarica avviene all’interno del proprio garage, senza che si renda necessaria una delibera condominiale al fine di poter procedere in tal senso. Solitamente, però, si tratta di una seconda utenza, una caratteristica destinata a mutare in maniera considerevole anche il discorso relativo alla tariffazione prevista. In questo caso, infatti, non solo è necessario un secondo contatore, ma la spesa va a posizionarsi su livelli più alti rispetto al normale consumo domestico.
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