Si continua a parlare molto di sviluppo sostenibile, un concetto sempre più centrale alla luce dello stato di stress in cui versa il nostro Pianeta. Quando si affronta il tema, però, troppo spesso si parte da un errore di non poco conto, limitando il discorso esclusivamente alla parte ambientale. Un equivoco il quale rischia in definitiva di andare a ridurre la stessa importanza della sostenibilità. Cerchiamo quindi di fare la necessaria chiarezza su questa complessa tematica.
I 4 pilastri dello sviluppo sostenibile
Per semplificare al massimo il discorso, possiamo affermare che la sostenibilità va a poggiarsi su quattro pilastri: ambientale, sociale, economico ed etico.
I primi tre pilastri sono un diretto portato del trattato di Amsterdam, firmato nel corso del 1997. Proprio in quell’occasione l’Unione Europea, infatti, decise di dare un seguito concreto al rapporto Brundtland pubblicato dieci anni prima, dando luogo ad un nuovo accordo per uno “sviluppo armonioso delle attività umane”.
Solo successivamente ad essi si è andato ad aggiungere il quarto pilastro, quello rappresentato dall’etica.
Ognuno di essi, naturalmente, è estremamente importante e deve essere affrontato a parte.
Il pilastro ambientale
Il primo pilastro, quello ambientale, è probabilmente il più noto e si va a basare su un’idea ben precisa: il consumo di risorse deve essere proporzionato alla effettive capacità di rigenerazione delle stesse. Cui si unisce la constatazione che la produzione di scarti non deve a sua volta superare la quantità che il sistema è in grado di trattare, riciclando o smaltendo, in maniera sostenibile.
La sostenibilità ambientale ha come suo principale obiettivo quello di andare a migliorare il benessere umano proteggendo il capitale naturale come la terra, l’acqua, l’aria o i minerali. In questa ottica, ogni iniziativa o programma deve essere in grado di assicurare la piena soddisfazione dei bisogni della popolazione, senza andare a compromettere le esigenze di quelle future.
Nel 2000 sono stati D. Dunphy, J. Benveniste, A. Griffiths e P. Sutton a descrivere la sostenibilità ambientale all’interno di “Sustainability: The Corporate Challenge of the 21st Century”, un articolo pubblicato dall’Open Journal of Business and Management.
Il loro lavoro è andato in particolare a porre l’accento sui modi in cui gli affari possono raggiungere risultati economici positivi senza arrecare alcun danno, nel breve e nel lungo termine, all’ambiente. Inoltre, sempre secondo i proponenti, un’azienda ambientalmente sostenibile deve mirare a conseguire l’integrazione dei pilastri, e al fine di poter raggiungere tale obiettivo ognuno deve essere trattato in maniera egualitaria.
Il pilastro economico
Il secondo pilastro, quello economico, va a sua volta a riferirsi con tutta evidenza alle ricadute economiche che un’attività può avere sul territorio sul quale opera e sulle popolazioni locali. In particolare, per poter risultare effettivamente sostenibile da un punto di vista economico, un’azienda (o un ente del settore pubblico o privato) deve rivelarsi capace di accrescere o perlomeno mantenere stabili i propri parametri economici con il trascorrere del tempo, ridistribuire a livello territoriale la ricchezza resa possibile dal suo sfruttamento e dare infine vita ad un uso attento e oculato del complesso di risorse disponibili.
È stato il governo del Regno Unito, all’interno del suo rapporto annuale 2000, pubblicato nel primo mese dell’anno successivo, ad affermare che se la sostenibilità sociale va a focalizzarsi sul miglioramento dell’uguaglianza sociale, quella economica pone come suo obiettivo una crescita in termini di qualità della vita. Tradotto in un contesto puramente commerciale, ciò va infine a tradursi in un uso efficace dei beni al fine di mantenere il profitto nel tempo. In particolare, uno degli obiettivi chiave dello sviluppo sostenibile è rappresentato dal mantenimento di livelli alti e stabili di crescita economica, la quale non deve essere messa in discussione. Lo sviluppo, però, per essere realmente non può limitarsi al dato quantitativo, ma deve riuscire ad abbinarsi ad una crescita in termini di qualità della vita.
I critici di questo modello sostengono a loro volta che una grande lacuna nelle pratiche moderne di contabilità deriva dal fatto che non è prevista l’inclusione del costo del danno arrecato alla Terra nei prezzi di mercato (Hawking, 2010). L’approccio più recente all’economia ammette invece un’integrazione limitata dei dati ecologici e sociali in questo modello. Va quindi a includere il capitale naturale (i sistemi ecologici) e quello sociale (i rapporti interpersonali) e a sfidare un vecchio portato del capitalismo, secondo il quale la crescita continua è buona a prescindere dal fatto che vada a recare danni più o meno estesi al sistema ecologico e umano.
Il pilastro sociale
Il terzo pilastro è quello sociale, il quale fa riferimento a uno spirito in grado di favorire l’aggregazione e rendere più coesa una comunità, in modo da azzerare o diminuire in maniera significativa le differenze sociali, di classe e di genere. Per conseguire l’obiettivo occorre che un determinato territorio sia in grado di riconoscere i valori di un’azienda e dare luogo ad una crescita intorno ad essa. L’impresa, a sua volta, deve operare nel preciso intento di riuscire a conseguire la coesione sociale, adottando iniziative volte ad aggregare e condividere.
La sostenibilità sociale ha come obiettivo la conservazione del capitale sociale tramite l’investimento e la creazione di servizi destinati a costituire una visione del mondo in cui la comunità sia destinata a crescere di pari passo con l’azienda. In tal modo diventa possibile non solo preservare le future generazioni, ma anche prendere atto che le nostre azioni possono avere una ricaduta sugli altri e sul resto del mondo.
I concetti che ne sono alla base sono la coesione, la reciprocità e l’onestà, sui quali fare leva per il mantenimento e il miglioramento della qualità sociale. Può inoltre essere incentivata da norme e regolamenti, da una corretta informazione e dalla condivisione di idee improntate su eguaglianza e diritti. La sostenibilità sociale va ad incorporare l’idea di sviluppo sostenibile definita dalle Nazioni Unite, riferito al miglioramento sociale ed economico il quale non devasta, ma protegge l’ambiente e supporta l’uguaglianza, creando in tal modo una interdipendenza tra economia, società e sistema ecologico.
Il pilastro etico
Ai primi tre pilastri, occorre poi necessariamente aggiungerne un quarto pilastro, ovvero quello etico. Questo pilastro è basato in particolare sulla necessità di garantire una giusta remunerazione a tutti gli attori della filiera in grado di garantire non solo la sostenibilità, ma anche l’effettiva qualità del prodotto finale.
Considerato l’ordine economico esistente, forse proprio il pilastro etico è quello più complicato da conseguire, alla luce degli appetiti sempre più voraci mostrati dagli attori economici e finanziari. Basta in effetti dare uno sguardo a quanto è accaduto nel corso degli ultimi decenni, con la compressione evidente dei salari nella parte più avanzata del globo, soltanto in parte compensata dall’aumento dei livelli salariali nei Paesi in via di sviluppo. O alla distribuzione sempre più ineguale della ricchezza prodotta, aggravando le diseguaglianze che pure già esistevano.
Gli obiettivi dello sviluppo sostenibile secondo l’Agenda 2030
A indicare gli obiettivi per uno sviluppo effettivamente sostenibile, è stata L’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile, il programma d’azione per le persone, il Pianeta e la prosperità, sottoscritto il 25 settembre 2015 dall’Assemblea generale dell’Onu, ovvero dai governi dei 193 Paesi che ne fanno parte.
Il documento ha in pratica indicato 17 Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile (Sustainable development goals, SDGs), inglobandoli in un grande programma d’azione il quale ha individuato ben 169 traguardi da conseguire al fine di renderlo effettivo.
Gli Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile rappresentano in pratica il secondo atto di una storia che era già iniziata con il varo degli Obiettivi di Sviluppo del millennio (Millennium development goals), soltanto parzialmente realizzati. Proprio per cercare di centrare i rimanenti l’ONU ha quindi deciso di stendere un secondo programma, il quale ne condivide obiettivi comuni su un insieme di questioni considerate cruciali. Se un accento particolare è posto sulla lotta alla povertà, non meno importanti sono ritenuti l’eliminazione della fame e l’opera di contrasto al cambiamento climatico in atto.
Già il fatto che si parli in questo caso di obiettivi comuni lascia intendere come essi siano rivolti a tutti i Paesi e a tutti gli individui, senza alcuna esclusione di sorta. In concreto, nessuno deve restare indietro sulla strada verso un mondo effettivamente più sostenibile.
Nel momento della sottoscrizione del documento, i firmatari hanno inoltre provveduto ad affermare che lo sradicamento della povertà “in tutte le sue forme e dimensioni, inclusa la povertà estrema”, rappresenta la più grande delle sfide globali, oltre che un requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile. Tutti i Paesi e tutte le parti in causa, agendo di concerto, hanno quindi preso l’impegno ad una continua implementazione del programma in questione, affermando la massima decisione nell’intento di liberare la razza umana dalla tirannia della povertà, curando e salvaguardando al contempo il Pianeta. “Siamo determinati a fare i passi audaci e trasformativi che sono urgentemente necessari per portare il mondo sulla strada della sostenibilità e della resilienza. Nell’intraprendere questo viaggio collettivo, promettiamo che nessuno verrà trascurato”.
Quali sono i 17 obiettivi dell’Agenda 2030
Nell’ambito del piano delineato, i propositi dell’Accordo mirano ad una piena realizzazione dei diritti umani di tutti e al conseguimento dell’uguaglianza di genere, da raggiungere con l’emancipazione di tutte le donne e le ragazze. Essi sono interconnessi e indivisibili, andando a bilanciare le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: economica, sociale ed ambientale. Gli obiettivi e i traguardi i quali vengono indicati nel documento, in particolare, sono destinati a stimolare nel corso dei prossimi 15 anni gli interventi in aree considerate di importanza cruciale, sia per l’umanità che per il Pianeta.
Scendendo nel dettaglio, gli Obiettivi di Sviluppo sostenibile (Sustainable development goals, SDGs) si incaricano di andare ad affrontare un’ampia gamma di questioni le quali fanno riferimento allo sviluppo economico e sociale. In particolare si propongono di:
- sconfiggere la povertà ponendo fine ad ogni forma della stessa in ogni parte del globo;
- porre fine alla fame conseguendo la sicurezza alimentare, migliorando la nutrizione e promuovendo un’agricoltura in grado di risultare realmente sostenibile;
- conseguire la salute e il benessere di tutti, uomini e donne, e ad ogni età;
- dare vita ad una istruzione di qualità, in grado di fornire un’educazione equa ed inclusiva, oltre che effettive opportunità di apprendimento per ogni essere umano;
- conseguire una effettiva parità di genere, in maniera tale da riuscire a emancipare tutte le donne e le ragazze in ogni parte del mondo:
- fornire l’accesso ad acqua pulita, gestita in maniera sostenibile, e servizi igienico-sanitari di qualità;
- consentire a ogni persona un effettivo accesso a sistemi di energia in grado di coniugare economicità, affidabilità, sostenibilità e modernità;
- assicurare a tutti un lavoro dignitoso, a tempo pieno e produttivo, e una crescita economica che sia duratura, inclusiva e sostenibile;
- dare vita a infrastrutture resilienti, promuovendo al tempo stesso l’innovazione e un processo di industrializzazione in grado di risultare equo, responsabile e sostenibile;
- andare a ridurre in maniera decisiva le diseguaglianze esistenti non solo all’interno delle nazioni, ma anche tra di loro;
- permettere alle città e agli insediamenti umani di conseguire l’inclusività e di essere allo stesso in grado di dispensare sicurezza, durata e sostenibilità ai propri abitanti;
- garantire modelli produttivi e di consumo realmente sostenibili;
- dare luogo ad una lotta senza quartiere contro i mutamenti del clima, promuovendo una serie di azioni ad ogni livello, al fine di contrastarne gli effetti;
- conservare e utilizzare in maniera durevole la vita sott’acqua, tutelando gli oceani, i mari e le risorse marine al fine di incentivare uno sviluppo sostenibile;
- fare lo stesso nei confronti delle forme di vita esistenti sulla Terra, in particolare proteggendo l’ecosistema terrestre, ripristinandolo e favorendone un utilizzo sostenibile;
- promuovere organismi sociali in grado di favore la pace e l’inclusione, nel quadro di uno sviluppo sostenibile;
- operare un deciso rafforzamento degli organismi preposti al partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile.
Come si può facilmente notare, i propositi espressi nel documento sono assolutamente lodevoli e potrebbero in effetti promuovere uno sviluppo tale da non andare a stressare un Pianeta già molto provato. Resta però da capire se si tratti di semplici enunciazioni, che in fondo non costano nulla ai proponenti. O se invece gli stessi siano effettivamente intenzionati a mutare una situazione effettivamente problematica. Ad oggi, purtroppo, sembra prevalere la prima ipotesi.
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