Maggio 19, 2022
L'articolo parla di: Smart Mobility
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  • Quali sono le principali forme di mobilità sostenibile?

La mobilità sostenibile è ormai considerata un modo per poter decongestionare il traffico delle grandi arterie cittadine e conseguire per tale via due obiettivi cruciali: consentire alle persone di muoversi con maggiore libertà all’interno dei grandi agglomerati urbani e ridurre l’inquinamento atmosferico che può conseguire ad un volume di traffico troppo elevato.

Si tratta quindi di una tipologia di mobilità a basso impatto ambientale, da realizzare tramite una serie di interventi in grado di attenuare la cosiddetta diseconomia esterna, ovvero i fattori esterni negativi che possono causare problemi ogni volta che una persona utilizza un veicolo o un mezzo di trasporto. Andiamo quindi a cercare di capire meglio una questione che sta assumendo un rilievo sempre maggiore.

Mobilità sostenibile: di cosa si tratta?

Per mobilità sostenibile si indica generalmente il modo di muoversi legato in maniera pressoché indissolubile al concetto di sostenibilità territoriale e orientato, di conseguenza, verso una notevole riduzione dei rischi di inquinamento collegati a volumi troppo elevati di traffico, con conseguente spargimento nell’atmosfera di sostanze inquinanti. In tal modo è possibile conseguire un ampio spettro di risultati, ovvero:

  1. la miglior salvaguardia possibile della salute;
  2. quella dello spazio pubblico inteso alla stregua di bene comune;
  3. un notevole risparmio energetico.

Quando ci si muove in modo sostenibile si utilizzano tecnologie per le cosiddette smart road (strade e autostrade connesse) in grado di garantire il massimo di fluidità, efficienza e sicurezza negli spostamenti.

Alla mobilità sostenibile va peraltro a legarsi un altro concetto molto importante, quello di mobilità integrata, nel quale l’utente deve essere messo in grado di poter usufruire di vari mezzi di trasporto (servizi pubblici o privati, in sharing) senza soluzione di continuità, in modo tale da riuscire a completare il proprio percorso quotidiano coniugando agio e convenienza. Occorre anche specificare che se il focus è spesso sulle grandi città, questo argomento va a riguardare anche l’insieme di strutture e infrastrutture necessarie alla mobilità lungo il territorio nazionale.

A indicare gli obiettivi di fondo della mobilità sostenibile è in particolare la definizione inclusa all’interno della strategia continentale in materia di sviluppo sostenibile che è stata approvata nel 2006 dal Consiglio Europeo. È proprio la stessa ad affermare la necessità di fare in modo che i sistemi di trasporto siano in grado di corrispondere ai bisogni economici, sociali e ambientali della società, andando al contempo a minimizzarne le possibili ripercussioni negative su economia, società e ambiente.

L’importanza degli interventi legislativi e delle decisioni politiche

Per riuscire a conseguire la mobilità sostenibile, non possono bastare i comportamenti individuali. Se è sicuramente auspicabile che il maggior numero di persone possibile si rechi al lavoro o si sposti all’interno delle città con i mezzi pubblici, queste scelte devono anche essere favorire da interventi legislativi e decisioni politiche e amministrative ben precise.

Un esempio lampante del primo caso è rappresentato dallo spostamento di risorse da un settore ad un altro, ad esempio implementando politiche sempre più favorevoli alle auto elettriche e penalizzando al contempo i mezzi che utilizzano benzina o derivati del petrolio in genere.

Tra gli interventi di carattere amministrativo possono invece rientrare gli ormai tradizionali blocchi del traffico i quali vengono decisi in alcune città ogni volta che il dato sulle polveri sottili torni a destare preoccupazioni. Oppure l’allargamento o il restringimento delle cosiddette Zone a Transito Libero (ZTL), ovvero quelle che solitamente vengono imposte nel preciso intento di tutelare i centri storici dalle conseguenze dei volumi di traffico eccessivo.

Le principali forme di mobilità sostenibile: quali sono gli interventi possibili?

Il numero di interventi pubblici i quali possono risultare decisivi nell’ottica di riuscire a conseguire una mobilità sostenibile è sempre più nutrito. Tra di essi, i più frequenti possono essere considerati i seguenti:

  • il trasporto pubblico, in particolare autobus, filobus, taxi e metropolitane. Utilizzarli in forma di trasporto organizzata e di massa può aiutare sensibilmente ad abbattere l’emissione di sostanze nocive nell’atmosfera le quali sono invece tipiche dei mezzi privati. Da questo particolare punto di vista il nostro Paese è in effetti molto indietro rispetto ad altre esperienze, in particolare quelle dei Paesi del Nord Europa;
  • le corsie preferenziali, ovvero le strade a scorrimento veloce che prevedono l’esclusiva utilizzazione da parte dei mezzi di trasporto pubblico (autobus, tram, taxi) oppure dai mezzi di emergenza (ambulanze e mezzi dei vigili del fuoco). Grazie alla loro presenza è possibile evitare che il traffico possa congestionarsi, conferendo un vantaggio in termini di tempo a chi li utilizza evitando il ricorso ad un mezzo privato;
  • le piste ciclabili, intese come corsie esclusivamente dedicate alle biciclette, da tempo comunque utilizzate anche dai monopattini elettrici, sempre più presenti all’interno dei nuclei urbani. Possono in effetti incentivare le persone a spostarsi su due ruote ove il territorio sia pianeggiante o presenti piccoli dislivelli facilmente superabili. Il vantaggio ambientale il quale può derivarne, è abbastanza evidente;
  • il Road pricing, termine traducibile in italiano come pedaggio urbano. Si tratta del pagamento di un ticket nel caso in cui si intenda avere accesso alle aree urbane. Di solito viene utilizzato con il preciso intento di sconsigliare tale accesso a chi non abbia una determinata urgenza a farlo con l’automobile, la moto o altro mezzo di trasporto privato. Anche in questo caso l’effetto è quello di decongestionare il traffico, permettendo peraltro un consistente contenimento dei livelli di smog e un maggiore uso del trasporto pubblico;
  • il Park pricing, ovvero i classici parcheggi a pagamento. In particolare, applicare un ticket orario ai parcheggi pubblici (in Italia sotto forma di “strisce blu”) ha come principale risultato quello di andare a disincentivare le persone a usare il mezzo privato. Anche in questo caso, quindi, si tratta di uno strumento in grado di rivelarsi molto utile nell’intento di andare a ridurre la congestione del traffico nelle zone centrali della città. Di converso, non solo risultano meno utili nelle zone di periferia o comunque non centrali, ma possono anche provocare notevole malumore nei residenti. Devono quindi essere usate con un certo discernimento;
  • il Car sharing, altra forma di mobilità collettiva che si fonda sul noleggio di un veicolo privato per un determinato arco temporale, il quale può variare da poche ore ad alcuni giorni. La sua utilità risalta soprattutto nelle zone centrali degli agglomerati urbani, ove sia approntato allo scopo un servizio a basso impatto ambientale, ad esempio sotto forma di auto elettrica. Le conseguenze sono peraltro di largo respiro, in quanto molti utenti possono essere invogliati ad evitare l’acquisto di mezzi privati, utilizzando il car sharing per gli spostamenti occasionali;
  • il Car pooling che, come il precedente si rivolge alla collettività. Basato sui mezzi privati, prevede l’utilizzo di una stessa automobile da parte di più persone, ad esempio colleghi di lavoro o semplici conoscenti, che percorrono lo stesso tragitto da casa al lavoro nello stesso arco temporale. In tal modo invece di un autoveicolo per ogni persona, ce ne sarà uno fruito da tutte quelle interessate.

La mobilità sostenibile in Italia

Il discorso della mobilità sostenibile è molto attuale anche nel nostro Paese, ove il trasporto pubblico in molte zone del Paese lascia grande spazio a quello privato, con conseguenze di largo raggio.

Il dato da cui partire per cercare di capire la situazione in Italia è quel 23% che rappresenta il contributo del trasporto stradale alle emissioni totali di gas serra. All’interno di quel dato occorre poi aggiungere che i tre quinti sono ascrivere alle autovetture. Inoltre, lo smog prodotto dalla circolazione di autovetture e mezzi stradali si fa sentire sotto forma di un buon 50% per quanto riguarda le emissioni di ossidi di azoto e per circa il 13% in relazione alle emissioni di particolato.

I dati sono riferiti al rapporto di Ispra pubblicato nel 2017 e non dovrebbero essere mutati in maniera considerevole nel corso degli ultimi anni. Proprio da quell’anno, peraltro, è diventata obbligatoria l’adozione da parte delle città sopra i 100mila abitanti dei Piani Urbani di Mobilità Sostenibile (Pums), dopo la loro introduzione con una legge risalente al 2000, quella contrassegnata dal numero 340 approvata il 24 novembre. Si tratta in effetti di strumenti in grado di risultare estremamente utili in un’ottica di pianificazione strategica, in quanto orientati allo sviluppo di una visione di sistema della mobilità urbana in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, ovvero dieci anni.

In buona sostanza, proprio ai Piani Urbani di Mobilità Sostenibile è demandato il compito di proporre soluzioni in grado di aiutare il conseguimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica mediante la definizione di una serie di azioni espressamente orientate al miglioramento dell’efficacia ed efficienza del sistema della mobilità, oltre alla sua integrazione con l’assetto e gli sviluppi urbanistici e territoriali.

In particolare, i Pums devono essere definiti dagli enti locali in modo da ottemperare alle linee guida le quali hanno caratterizzato il decreto, se questi ultimi intendono avere un accesso ai finanziamenti statali per le infrastrutture e i nuovi interventi per il trasporto rapido di massa. Lo scopo ultimo di questi piani è il conseguimento dello status di smart city da parte degli agglomerati urbani, grandi o piccoli che siano.

Le smart city: di cosa si tratta?

Per smart city si intendono le città che consentono a privati cittadini e operatori economici di potersi spostare in maniera comoda, agevole e sicura.

Il concetto di smart city va peraltro a racchiudere la suo interno quello di smart mobility, ovvero il mix tra tecnologia, infrastrutture per la mobilità e soluzioni per la stessa, il quale punta ad offrire un’esperienza di mobilità senza soluzione di continuità, flessibile, integrata, sicura, on demand e conveniente.

L’obiettivo finale che dovrebbe essere conseguito grazie all’introduzione di una mobilità intelligente è la riduzione di traffico e inquinamento, la creazione di flussi intelligenti e senza interruzioni, e un deciso rafforzamento delle economie di scala teso alla promozione di una mobilità in grado di risultare accessibile a tutti.

il City Mobility Index (DCMI 2020) di Deloitte, analisi la quale prende in considerazione per il suo verdetto finale la qualità della mobilità urbana in 36 centri urbani sparsi per il pianeta, ha indicato come esempio massimo di agglomerato urbano in cui la mobilità è realmente sostenibile Stoccolma, con Singapore e Amsterdam a chiudere il podio.

Per quanto riguarda invece il nostro Paese, è stato il “Quindicesimo rapporto di Euromobility sulla mobilità sostenibile nelle principali 50 città italiane”, a vedere Firenze conquistare il primo posto per quanto riguarda la mobilità sostenibile in Italia, seguita da Milano, Torino, Parma e Bologna. In questa classifica Roma è risultata al quindicesimo posto, mentre in coda alla classifica troviamo Catania, Campobasso e Siracusa.

La Redazione

Mi chiamo Giuseppe e sono il fondatore di GreenYourLife, un blog pensato per fornire informazioni e consigli utili per uno stile di vita più sostenibile. Sono nato e cresciuto in uno dei posti più belli del mondo, la Sardegna, e sono sempre stato attento alle tematiche ambientali.

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