Ottobre 19, 2022
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  • ETF ESG: cosa sono gli investimenti sostenibili

Anche gli investimenti devono essere sostenibili in un momento storico in cui proprio la sostenibilità rappresenta una vera e propria parola d’ordine. Se sino a qualche anno fa l’economia non si poneva alcun limite, generando disastri cui ancora oggi è necessario porre rimedio, con il focalizzarsi dell’opinione pubblica sulla necessità di porre freni ad un’economia portata avanti senza alcuna attenzione nei confronti dell’ambiente il discorso è andato a investire proprio il trading.

Il punto individuato per rompere il circuito perverso creato in precedenza è stato quello degli investimenti sostenibili. Andiamo quindi a vedere cosa siano e perché possono aiutare non poco a mutare una rotta rivelatasi catastrofica.

Cosa sono gli ETF?

Il punto di partenza in tema di investimenti sostenibili è rappresentato da un semplice quesito: cosa sono gli ETF?

Per Exchanged Traded Fund si intendono i fondi o SICAV che vengono negoziati in Borsa come le normali azioni, comportando per gli investitori basse commissioni di gestione. Il loro unico obiettivo è quello di replicare fedelmente l’andamento di un sottostante, ad esempio indici azionari, obbligazionari o di materie prime.

Si tratta di strumenti finanziari nati negli Stati Uniti nel corso dei primi anni ’90, per poi sbarcare nel nostro Paese nel settembre del 2002, riscuotendo subito un notevole successo, proprio per i notevoli vantaggi che possono assicurare. Tra di essi occorre ricordare, in particolare:

  • la semplicità, derivante dal fatto che sono strumenti passivi destinati a replicare la performance dell’indice benchmark a cui fanno riferimento. Da un punto di vista operativo gli ETF possono essere contrattati alla stregua di azioni sulle piattaforme di trading online o tramite altri intermediari, come le banche o le SIM (Società di Investimento Mobiliare), con una contrattazione che avviene in tempo reale;
  • la flessibilità, collegata alla mancanza di scadenze e alla quotazione in Borsa in tempo reale. In pratica l’investitore è in grado di modulare sulla base dei propri obiettivi l’orizzonte temporale dell’investimento, anche partendo da importi estremamente limitati;
  • la trasparenza, dovuta in particolare al fatto di replicare fedelmente un indice di mercato, consentendo la massima consapevolezza sui rischi connessi all’investimento e di seguirne in tempo reale gli esiti;
  • la convenienza, la quale discende dal fatto che si tratta di strumenti a gestione passiva. In pratica non c’è un team di analisti da remunerare per l’attività prestata e non esistono costi di distribuzione, dando luogo di conseguenza a commissioni estremamente ridotte.

Gli ETF ESG

Tra i tanti ETF disponibili sul mercato, un ruolo particolare è svolto da quelli sostenibili, ovvero che rappresentano i titoli azionari di aziende le quali mostrano attenzione a tematiche ambientali o sociali.

Gli investimenti ESG (acronimo di Environmental, Social and Governance) vanno in pratica a replicare l’andamento di un indice azionario classificato sul mercato alla stregua di sostenibile. In particolare, l’indice azionario ESG presenta al suo interno i titoli di società che nell’intento di rispettare specifici criteri di sostenibilità varano strategie di business incentrate in parte o in toto su una o più tematiche sociali. I gruppi di titoli azionari ETF ESG, sono chiamati anche ETF sostenibili e consentono agli interessati di investire sulle nuove opportunità offerte dalle più importanti società di gestione del risparmio.

I tre fattori centrali nella misurazione della sostenibilità di un investimento sono:

  1. i criteri ambientali, ovvero il modo in cui un’azienda fornisce il suo contributo alle sfide ambientali e le sue performance in tal senso;
  2. quelli sociali, che possono essere desunti dal modo in cui l’azienda gestisce il capitale umano, dalle condizioni di lavoro e dalle opportunità più o meno paritarie di genere;
  3. la governance, quindi il modo in cui un’azienda è amministrata e procede verso i suoi obiettivi.

Come funzionano gli investimenti in ETF ESG

Per investire in maniera sostenibile, si possono utilizzare vari approcci. Tra le possibili strategie in tal senso, ricordiamo in particolare le seguenti:

  • per esclusione, evitando cioè investimenti dannosi tali da non corrispondere ai propri valori. Ad esempio, si può optare per l’esclusione di settori o aziende collegati ad ambiti controversi, a partire da armi o tabacco;
  • con l’integrazione di criteri ESG, aggiungendo all’analisi di partenza tradizionale sui rischi e le opportunità i dati sui fattori ambientali, sociali e di governance;
  • puntare sull’impact investing, allocando il capitale in modo tale da ottenere un’esposizione a società ad alto impatto, e spesso ad alta crescita, le quali pongano gli SDG (Sustainable Development Goals) dell’ONU al centro delle loro attività.

Per quanto concerne la sua formazione, un indice azionario ESG può andare a comprendere società diverse, provenienti da differenti settori, accomunate però da obiettivi etici, tra i quali la riduzione delle emissioni dannose, la lotta agli sprechi, alla deforestazione e al lobbismo, la promozione delle diversità e delle fonti energetiche rinnovabili, il rispetto dei diritti umani.

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Per definirsi sostenibile, però, un indice azionario ESG deve comprendere solo ed esclusivamente aziende etiche. Maggiore è il numero di criteri che una impresa riesce a rispettare e maggiore è il peso che va ad acquisire all’interno dell’indice azionario.

SFDR, cos’è il Sustainable Finance Disclosure Regulation

Il Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) è il regolamento europeo incaricato di dare una risposta agli investitori responsabili in termini di regole vere e proprie. In vigore dal 2021, va in effetti a delineare un modello di informativa relativo alla gestione dei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG), sia a livello generale che di singolo prodotto.

Grazie ad esso l’investitore dovrebbe essere in grado di dare luogo ad una comparazione più agevole della loro sostenibilità, obbligando le società di gestione ad una maggiore trasparenza sui prodotti finanziari offerti. L’informativa, per ottemperare a quest’obbligo, dovrà focalizzarsi in particolare sui seguenti aspetti:

  • la considerazione dei rischi di sostenibilità, includendo negli stessi quello di riduzione di valore degli attivi sottostanti derivante da eventi ambientali o sociali;
  • quella dei PAI (principali impatti inversi) sui fattori di sostenibilità, ovvero delle possibili ripercussioni collegate a una decisione d’investimento in termini ambientali, sociali e di occupazione, oltre che di rispetto dei diritti umani e di contrasto ai fenomeni corruttivi;
  • la sostenibilità degli investimenti in attività economiche le quali si dimostrano in grado di conseguire obiettivi ambientali o sociali, ad esempio quelli in attività economiche in linea con la tassonomia UE.

Ad essere coinvolti in questo ambito regolamentare sono tutti i prodotti gestiti da società d’investimento dislocate all’interno dell’Unione Europea, ovvero aventi sede sul suo territorio. Il suo intento è quello di riuscire ad influire sulle strategie che cercano di applicare criteri ESG nel processo decisionale incaricato di condurre alla formazione del portafoglio.

In particolare, sono previste tre categorie ben distinte, in base alla sezione del Regolamento che può essere applicato nei singoli casi:

1.      l’Articolo 6, che si occupa dei prodotti i quali si incaricano di dare una valutazione sui rischi di sostenibilità e di gestirli;

2.      l’Articolo 8, il quale applica la sua azione ai prodotti in grado di promuovere aspetti ambientali e sociali, andando ad integrare i criteri ESG nel processo d’investimento;

3.      l’Articolo 9, concentrato a sua volta sui prodotti che si propongono di centrare un obiettivo sostenibile e che, di conseguenza, mirano a ottenere specifici risultati di sostenibilità senza dimenticarsi di conseguire risultati finanziari. Si tratta di una categoria di prodotti i quali sono congegnati al fine di andare a ridurre, per quanto possibile, le eventuali ricadute negative di ordine ambientale, sociale o di occupazione.

Per riuscirci vanno ad integrare nelle decisioni d’investimento aspetti etici come la lotta alla corruzione o il rispetto dei diritti umani.

Proprio sulla base del Regolamento SFDR, gli Asset Manager sono in grado di dichiarare quale percentuale del patrimonio affidato alla loro gestione può essere classificata ai sensi dell’Articolo 6, dell’Articolo 8 o dell’Articolo 9.

Per effetto delle regole vigenti, per ogni prodotto deve essere pubblicato un prospetto informativo, dal quale deve emergere in primo luogo se lo stesso si proponga in un’ottica di sostenibilità o meno. Anche nel caso in cui la strategia di fondo non si proponga l’esplicita integrazione di criteri ESG, i clienti devono comunque essere messi al corrente di eventuali rischi in termini di sostenibilità dei processi decisionali e del loro eventuale influsso sul rendiconto finanziario, per quanto riguarda quelli conformi all’Articolo 6.

Per quelli che invece vanno a ricadere nel raggio d’azione degli articoli 8 e 9, sono presenti requisiti più specifici, i quali impongono agli Asset Manager di dichiarare, in particolare:

  • la considerazione delle caratteristiche di sostenibilità della strategia di investimento, anche nei confronti dell’allocazione degli asset;
  • i dettagli relativi agli obiettivi ESG, con una una scomposizione delle diverse categorie d’investimento;
  • particolari sul modo in cui si intende dare luogo ad una quantificazione e gestione degli impatti negativi e sulle modalità di esclusione di asset in grado di arrecare un danno agli obiettivi di sostenibilità;
  • gli indicatori di sostenibilità applicabili;
  • tutte le informazioni relative alla compatibilità del ricorso a strumenti derivati con le finalità di compatibilità collegate al prodotto.

Sempre per quanto riguarda il Regolamento SFDR è poi previsto un altro obbligo di informativa, quella che fa riferimento alle grandi società di gestione degli asset, cui spetta il compito di dichiarare sui propri siti la potenziale ricaduta negativa ambientale e sociale negativi delle partecipazioni detenute. Ad essa devono poi aggiungersi i dettagli relativi alle iniziative di engagement condotte in collaborazione delle dirigenze delle aziende compartecipate.

Come è possibile individuare i migliori fondi sostenibili

Per riuscire a individuare i migliori fondi sostenibili, un ottimo ausilio può essere considerato quello degli indicatori. Ad esempio, nel caso in cui la ricerca sia orientata verso fondi con un basso rischio legato ai fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) e poco esposti di fronte alla transizione verso un’economia a basse emissioni inquinanti, è possibile ricorrere al rating di sostenibilità di Morningstar e all’indicatore di carbon risk.

In particolare, il Sustainability rating è in grado di dare una corretta rilevazione dei rischi ambientali, sociali e di governance finanziariamente rilevanti di un portafoglio rispetto a un gruppo di strumenti comparabili, potendo essere applicato anche per i comparti bilanciati e governativi.

Il carbon risk score, a sua volta, concentra la sua attenzione non solo all’esposizione al carbonio, ma anche alle modalità con cui le aziende presenti all’interno del portafoglio di un fondo sono solite gestire i rischi collegati alla necessità di intraprendere un cammino virtuoso per la transizione verso un’economia più pulita.

Quali sono i migliori ETF sostenibili in Italia?

Al nostro Paese fanno riferimento due dei migliori fondi di investimento sostenibile in assoluto, secondo le classifiche compilate da Bloomberg al riguardo.

Il primo è AcomeA PMItalia ESG, gestito dalla società di asset management indipendente AcomeA SGR, che nell’ultimo periodo considerato ha dato luogo ad una performance del 30,6%.

In seconda posizione si è invece classificato Eurizon azioni PMI Italia, gestito da Eurizon, società di asset management rientrante nell’orbita del gruppo Intesa Sanpaolo, anch’esso incentrato sulle piccole aziende operanti lungo il territorio peninsulare, capace a sua volta di rendere per il 25,9%.

Ad esse si vanno poi ad aggiungere le aziende che fanno riferimento all’Articolo 8 del Regolamento SFDR potendo vantare i cinque globi che garantiscono il massimo del rating e il più basso carbon risk. In questo novero rientrano:

  • Xtrackers MSCI USA ESG ETF, ETF focalizzato sulla Borsa statunitense, che gode di un rating pari a Bronze (report di Briegel Leitao del 22 giugno 2021). Il fondo indicizzato ha il migliore punteggio di Carbon risk (3,92 con l’indicatore medio a dodici mesi) e la sua esposizione è su una selezione delle aziende incluse nel più ampio indice MSCI USA, da cui sono escluse quelle che vantano le peggiori performance in termini di sostenibilità;
  • Comgest growth Europe, che vanta rating Silver derivante dalla presenza di un team solido e di una strategia focalizzata sulla crescita in grado di produrre risultati in grado di abbattere la soglia di rischio e di proteggere dalla possibilità di ribassi. In questo caso i gestori vanno a caccia di imprese di qualità, le quali garantiscono capacità di crescita degli utili in qualsiasi fase congiunturale. La preferenza viene accordata in particolare alle aziende caratterizzate da una posizione di vantaggio competitivo nel settore di competenza, gestite bene e solide dal punto di vista prettamente finanziario. Da questo ETF sono esclusi in partenza i cosiddetti comparti ciclici, a partire da utilities energetiche e aziende del settore finanziario;
  • Schroder ISF Global Sustainable growth, fondo azionario globale con rating pari a Bronze (report di Ronald van Genderen del 20 ottobre 2021). A indicarne le coordinate strategiche sono Katherine Davidson e Charles Somers, duo che opera di concerto da più di un decennio, contando sul supporto fornito da specialisti in tema di finanziamenti ESG. Oggetto della loro ricerca le aziende in grado di unire qualità e sostenibilità che, però, non sono ancora riuscite a raggiungere un adeguato apprezzamento da parte dei mercati.

Il momento difficile dei fondi ESG

Occorre comunque ricordare che il settore degli investimenti ESG sta attraversando un momento estremamente complicato. A causarlo è in particolare la pratica del greenwashing, la quale sta interessando anche questo particolare ambito. Molte aziende, infatti, si proclamano sostenibili senza esserlo nella pratica, in modo da sfruttarne l’appeal. Tanto da spingere la SEC (Securities and Exchange Commission) degli Stati Uniti ad affermare la necessità di reprimere una pratica sempre più diffusa nell’immediato futuro.

A conferma di tutto ciò è poi arrivato l’ennesimo scandalo firmato dalla Deutsche Bank, i cui uffici di Francoforte sono stati sottoposti a perquisizione, con relativo sequestro di documenti, da parte dei funzionari dell’ufficio del pubblico ministero, dell’autorità di vigilanza finanziaria Bafin e dell’Ufficio federale di polizia criminale (BKA). Ad allertare la procura di Francoforte è stato il sospetto di frodi sugli investimenti, con il gestore patrimoniale DWS finito sotto accusa per la vendita dei cosiddetti prodotti finanziari verdi imbellettandone la sostanza. A seguito dello scandalo emerso, il CEO di DWS Asoka Wöhrmann si è dimesso dal suo incarico, venendo sostituito da Stefan Hoops, ma intanto la frittata per i fondi ESG era praticamente fatta. A distanza di poche ore, infatti, è arrivata la notizia della vera e propria fuga di investitori dal settore in atto negli Stati Uniti. Una fuga che ben presto potrebbe allargarsi ad altre parti del globo.

La Redazione

Mi chiamo Giuseppe e sono il fondatore di GreenYourLife, un blog pensato per fornire informazioni e consigli utili per uno stile di vita più sostenibile. Sono nato e cresciuto in uno dei posti più belli del mondo, la Sardegna, e sono sempre stato attento alle tematiche ambientali.

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