L’energia nucleare rappresenta una sorta di fiume carsico. L’argomento periodicamente si inabissa nel sottosuolo, per poi tornare a riemergere periodicamente, quando l’ennesima crisi energetica spinge a proporne l’utilizzo.
Il fatto è che si tratta di una fonte energetica non proprio popolare. A far paura all’opinione pubblica sono proprio i ricordi lasciati da alcuni disastri provocati dalle centrali ove essa viene prodotta, in particolare quelle di Chernobyl e di Fukushima, di cui ancora oggi non si riesce a precisarne meglio i confini.
Andiamo quindi a vedere più da vicino di cosa si tratti, il modo in cui essa viene prodotta, i vantaggi e gli svantaggi e, soprattutto, le prospettive future.
Cos’è l’energia nucleare
Per energia nucleare si intende quella che viene ottenuta dalla fissione (divisione) o dalla fusione (combinazione) degli atomi che compongono un materiale. In particolare, l’energia nucleare attualmente utilizzata è il risultato della fissione degli atomi di uranio U-235.
Un esempio di energia nucleare a fusione è invece quello rappresentato dal sole. Indipendentemente da quanto possa essere sicura o pulita, quella ideale è l’energia nucleare prodotta dalla fusione fredda. Ovvero da quel processo di fusione in cui la temperatura è più vicina a quella ambiente che alla temperatura del sole.
Il nucleare è in grado di coprire attualmente circa l’11% della richiesta mondiale di elettricità, attestandosi al 27% in Europa. Il Paese leader a livello continentale è la Francia, ove addirittura, il 72% dell’elettricità prodotta entro i confini nazionali proviene dalle centrali a fissione. Stando ai dati resi noti dall’IEA (Internation Energy Agency), al momento sarebbero circa 400 i GW di potenza installata, per il nucleare a fissione.
Di questi, ben 105 sono prodotti dagli Stati Uniti, con la Francia (66) e il Giappone (44) a chiudere il podio. Proprio il Paese asiatico, però, sta riconsiderando il proprio paniere energetico dopo il disastro di Fukushima.

Occorre anche tenere presente che la gran parte dei reattori attualmente funzionanti ha ormai superato la metà del proprio ciclo di vita, senza che nel frattempo siano state progettate centrali in grado di andarli a sostituire. L’unico Paese in controtendenza è al momento la Cina, ove ai consistenti finanziamenti per il solare, si aggiungono quelli in reattori a fissione, con 32 GW in fase di costruzione.
Quali sono i vantaggi dell’energia nucleare?
Quali sono i vantaggi che spingono ancora oggi una parte dell’opinione pubblica a spingere per la produzione di energia nucleare? Tra di essi occorre sicuramente annoverare i seguenti:
- si tratta di energia pulita, in quanto il suo processo di produzione, nella maggior parte dei casi non prevede immissione nell’atmosfera di sostanze inquinanti come l’anidride carbonica, il metano o altri gas inquinanti, bensì di innocuo vapore acqueo innocuo. Di conseguenza non contribuisce all’inquinamento atmosferico e al cambiamento climatico;
- il suo costo di produzione è abbastanza limitato, soprattutto se rapportato a quella prodotta con l’impiego di fotovoltaico ed eolico;
- la possibilità di concentrare il processo produttivo all’interno di un solo sito, grazie alla sua potenza;
- la sua pratica inesauribilità, derivante dal fatto che le riserve di uranio esistenti permetterebbero di produrre con gli stessi ritmi attuali per migliaia di anni, tanto da spingere qualcuno ad includerla nelle fonti rinnovabili;
- la costanza della sua generazione. A differenza di molte fonti energetiche rinnovabili (ad esempio l’energia solare che non può essere generata di notte o quella eolica, la quale non può sussistere in assenza di correnti d’aria), la sua produzione non solo è enorme, ma anche destinata a restare costante. Tanto che per il 90% dell’anno, con la parziale esclusione necessaria per le ricariche programmate e gli arresti per manutenzione, una centrale è in grado di funzionare a pieno regime.
E quali gli svantaggi?
Sull’altro piatto bilancia occorre invece considerare gli svantaggi derivanti dall’impiego di energia nucleare. Tra di essi ricordiamo in particolare:
- la pericolosità delle scorie, generalmente nocive sia per la salute che per l’ambiente, in quanto gravemente contaminate. Per riuscire a degradarne la radioattività servono migliaia di anni, con i conseguenti problemi in termini di gestione, aggravati dal fatto che al momento non esistono soluzioni;
- i problemi di sicurezza rappresentati dalle centrali. Nel corso degli ultimi decenni sono stati molti gli incidenti, come quelli ricordati di Chernobyl, in Ucraina, e di Fukushima, in Giappone, i quali comportano ancora oggi grandi pericoli. Ad essi va aggiunto quello di Three Mile, negli Stati Uniti, del quale si sono avute meno notizie, ma gravissimo;
- il fatto che le centrali nucleari sono bersagli estremamente vulnerabili e possono essere oggetto non solo di disastri naturali, ma anche di possibili attentati.
Quanto costa in realtà l’energia nucleare?
Come abbiamo ricordato, tra i vantaggi dell’energia nucleare c’è la maggiore convenienza rispetto ad altre fonti, in particolare le rinnovabili. Almeno questo è quanto viene spesso affermato quando si affronta la discussione sull’energia da un punto di vista puramente finanziario. Ma è realmente così?
Per poterlo capire, in effetti, occorre mettere sul piano di valutazione non solo i costi diretti, ma anche quelli indiretti. In questo caso la discussione muta non poco. Per quanto riguarda i primi, il costo di una centrale nucleare si attesta intorno ai 3mila per ogni kilowatt che la struttura è in grado di erogare. Ne consegue un costo medio ad impianto tra i 4 e i 6 miliardi di euro.
A questo primo costo occorre poi aggiungere quello in termini di burocrazia, che non è però monetizzabile. Solitamente occorrono non meno di cinque anni per poter avere tutti i permessi necessari, ma in alcuni casi si arriva più o meno al triplo, come è accaduto in Finlandia per la centrale di Olkiluoto.
Il passo successivo deve essere necessariamente la stima concernente il funzionamento della centrale e l’effettiva produzione di energia. Il costo che ne consegue è di circa 0,03 euro per chilowattora, più o meno simile a quello di altre fonti (idroelettrico e carbone 0,02 euro, gas 0,04 euro, biogas 0,05 euro), ma nel quale non sono compresi costi aggiuntivi come quelli rappresentati dalla costruzione e smantellamento degli impianti e, in particolare, da quelli relativi allo studio delle soluzioni per lo stoccaggio delle scorie.

Proprio questo, in effetti, è il vero grande problema, irrisolto ancora oggi, collegato alla produzione dell’energia nucleare. Basta un semplice esempio per smontare la narrazione quasi idilliaca sul piano dei costi avanzata dai sostenitori del nucleare, ovvero quello riguardante il progetto per il seppellimento delle scorie delle centrali americane posizionate sotto le Yucca Mountain, in Nevada. Il suo costo, infatti, è costato al governo statunitense più di 15 miliardi di dollari, senza però riuscire a dare una soluzione definitiva al problema.
E, ancora: gli Stati Uniti sono costretti a spendere ogni anno più di 100 miliardi di dollari per il contenimento delle scorie, mentre 7 sono spesi dalla Francia e 5 dalla Germania. Ciò vuol dire che non solo i costi sono molto più alti di quanto si afferma, ma che non c’è attualmente neanche una soluzione in grado di eliminarli definitivamente. Le risorse che vengono drenate anno dopo anno potrebbero invece essere impiegate per puntare su fonti rinnovabili, molto più sicure e tranquillizzanti, tali da non gravare sul futuro e sulle generazioni più giovani.
Anche in Italia, che pure è fuoriuscita dal nucleare a seguito di due referendum contrari a questo genere di energia, i costi collegati continuano ad essere esorbitanti. Basti pensare che dal punto di vista burocratico il nostro Paese ha istituito un prelievo che va in pratica a rappresentare una sorta di buona uscita per il nucleare. Una vera e propria tassa congegnata allo scopo di finanziare lo smaltimento di tutti gli impianti e le società collegate alla loro gestione. Una cifra che si attesta complessivamente oltre i 3 miliardi di euro nella migliore delle ipotesi. Se si prendono in considerazione tutte le voci, quindi, l’operazione porterebbe le perdite collegate intorno agli 11 miliardi di euro ogni dodici mesi.
Basta ricordare come ancora oggi i contribuenti italiani siano costretti a pagare i CIP6, ovvero la quota della bolletta energetica destinata alle energie alternative, fra le quali è inserito anche il nucleare.
I mancati investimenti in ricerca e energie alternative sono poi un altro aspetto da considerare. Le risorse destinate ad un nucleare che ha smesso da tempo di produrre energia, sono infatti sottratte alla ricerca e allo sviluppo di energie alternative, in particolare quelle pulite e rinnovabili. Ne conseguono pesanti limitazioni in termini di resa per eolico o solare e la loro insufficienza ai fini di copertura del fabbisogno energetico nazionale.
Infine, occorre considerare i costi di smaltimento, che anche nel nostro Paese continuano a pesare sul conto complessivo. La chiusura delle quattro centrali esistenti lungo il territorio nazionale è costata già oltre 2,5 miliardi di euro, ma non si concluderà prima di un paio di decenni. Sembra peraltro una stima ottimistica, se si pensa che la chiusura della centrale britannica di Calder Hall è prevista per il 2115. Il tutto sperando che ad aggravare il conto finale non intervengano contrattempi o, peggio ancora, incidenti.
In che modo l’energia nucleare va a influire sull’ambiente

Tra le tante problematiche che occorre affrontare, quando si discute di energia nucleare, ci sono quelle collegate alle sue ripercussioni a livello ambientale, che continuano in effetti a fare paura, soprattutto alla luce delle terribili notizie provenienti ancora oggi da Chernobyl.
In tale ottica occorre considerare:
- le emissioni di CO2. Non è infatti vero che il nucleare non comporti l’emissione di gas serra. Se rispetto ad altri combustibili ne emette in quantità largamente inferiore, il gas collegato al suo utilizzo è comunque la CO2 emessa in fase di estrazione dell’uranio e del suo trasporto all’impianto;
- l’utilizzo di grandi quantità di acqua, reso obbligatorio dalla necessità di procedere al raffreddamento delle sostanze utilizzate nel corso del processo di fissione nucleare. Il processo, messo in campo per evitare che il reattore possa raggiungere temperature pericolose, tali da provocarne la fusione, comporta il prelievo di acqua dai fiumi o dal mare. La stessa viene poi reimmessa nell’ambiente circostante, ma con una temperatura molto più elevata, tale da causare la morte di animali e piante, con il depauperamento dello stesso;
- la possibilità che a seguito di un grave incidente le radiazioni possano disperdersi nell’ambiente. Ancora oggi molti, nel nostro Paese, ricordano il timore conseguente all’incidente di Chernobyl, ove del resto nessuno è in grado di abitare dopo quanto accaduto, proprio a causa del livello troppo elevato delle radiazioni;
- l’impossibilità di gestire le scorie nucleari senza ripercussioni, se non nel breve termine. Quelle sepolte nei cosiddetti cimiteri nucleari hanno un ciclo di vita più lungo dei contenitori. Cosa accadrà quando questi ultimi non saranno più in grado di contenerli? Nessuno è ancora in grado di fornire risposte esaurienti;
- gli effetti sull’essere umano. Tra di essi occorre menzionare innanzi tutto la possibilità che insorgano difetti genetici e tumori, a partire da quello alla tiroide, al cervello e alle ossa. Possono inoltre insorgere problemi al midollo osseo, i quali possono degenerare in leucemia o in anemia. Alla lista occorre poi aggiungere le malformazioni a carico dei feti, l’infertilità, l’indebolimento del sistema immunitario, con conseguente aumento del rischio di gravi infezioni, l’insorgere di disordini gastrointestinali e di disturbi al sistema nervoso.
Troppo costoso o molto più conveniente?
Come abbiamo visto, quindi, i problemi legati all’energia nucleare sono molti. Si tratta di una fonte energetica più conveniente di altre se il discorso è limitato alla materia prima. Una centrale nucleare ne richiede 100mila volte di meno rispetto ad una fossile. Ad essa, però, occorre aggiungere molti altri costi, in termini di burocrazia, di smaltimento delle scorie e di carattere ambientale.
Proprio per questo motivo, al di là della paura che ancora oggi provocano gli incidenti del passato, la discussione in seno all’opinione pubblica è molto serrata. Entrambe le parti sembrano avere ragione su alcuni aspetti e torto su altri. L’importante sarebbe capire se i vantaggi del nucleare superino gli svantaggi, o viceversa.
La cosa realmente importante sarebbe però cercare di evitare toni ultimativi. Non a caso si inizia a parlare con sempre maggiore insistenza di fusione nucleare, al posto della fissione. Si tratta però di un progetto futuribile, il quale non sarà in grado di dare risultati se non nella seconda metà del secolo. In attesa che ciò accada, sembra inevitabile continuare a discutere di nucleare a fissione e conseguenti problemi.
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