Giugno 15, 2022
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  • Gas serra: quali sono e quali conseguenze hanno sull’ambiente

I gas serra sono ormai tristemente noti per l’effetto che da loro prende nome. Anch’essi sono oggetti di un acceso dibattito in atto da anni, in quanto proprio la loro eccessiva ed inquietante presenza nell’atmosfera terrestre ha un impatto estremamente negativo sul clima e sull’ambiente, tali da andare a determinare una serie di mutamenti dannosi per la Terra e per l’essere umano che la popola.

Nonostante questo dibattito, ancora in atto sotto l’impulso dei movimenti ambientalisti i quali si oppongono al surriscaldamento climatico, molti non riescono a comprenderne appieno la portata, sia in positivo che in negativo. Proviamo quindi a chiarire la questione, soprattutto in relazione agli effetti devastanti che possono produrre a lungo termine.

Cosa sono i gas serra

Il primo quesito cui occorre rispondere, per cercare di conferire la necessaria organicità al discorso, è proprio quello relativo a cosa siano precisamente i gas serra. La risposta è in effetti abbastanza semplice: si tratta di sostanze allo stato gassoso presenti nell’atmosfera terrestre cui spetta il delicato compito di andare a regolare la temperatura globale del Pianeta.

Per riuscire a farlo devono permettere l’ingresso delle radiazioni solari e porre un’adeguata barriera alla fuoriuscita di quelle infrarosse riemesse dalla superficie terrestre. Nel processo che ne consegue, i gas serra permettono l’accumulazione all’interno dell’atmosfera terrestre di una parte dell’energia termica che proviene dal Sole.

Proprio il fenomeno che viene determinato in questo modo, e verificabile mediante un’analisi spettroscopica che può essere eseguita in laboratorio, è noto come “effetto serra”. Questa curiosa definizione serve in particolare a richiamare l’attenzione sull’analogia con il processo che avviene all’interno delle serre in cui ha luogo la coltivazione delle piante. Si tratta però di una associazione che parte da un presupposto sbagliato, in quanto nelle serre l’aumento della temperatura ambientale non viene ad essere originato dall’intrappolamento dell’energia radiante, ma dall’assenza della convezione, ovvero del trasferimento del calore.

Se nel corso del tempo ha assunto un’accezione negativa, occorre però sottolineare come l’effetto serra rappresenta in realtà un effetto naturale determinante al fine di creare condizioni in grado di rendere possibile lo sviluppo di forme di vita sul Pianeta. Il vero problema è rappresentato dal fatto che ai gas serra naturali si aggiungono quelli creati dall’uomo, in dosi eccessive. I gas di origine antropica vanno cioè ad alterare il normale equilibrio terrestre, dando luogo ad un eccessivo riscaldamento, il quale si riversa sulla Terra sotto forma di surriscaldamento globale. I danni provocati in questo modo non sono esclusivamente di carattere ambientale, ma anche sociali, economici e sanitari. In questa categoria vanno a rientrare in particolare i clorofluorcarburi (CFS e HCFS), gli idrofluorcarburi (HFC, PFC e SF6) e i composti bromurati (gli halon quali il CF3Br).

Effetto serra, se ne discute da secoli

Se negli ultimi decenni i gas e l’effetto serra sono balzati al proscenio per le loro implicazioni, occorre sottolineare come se ne discuta ormai dal 1827, anno nel quale il matematico francese Jean Baptiste Joseph Fourier iniziò ad analizzare proprio dal punto di vista matematico la temperatura del Pianeta collegandola alla capacità isolante della sua atmosfera, pur non riuscendo a precisare la causa che origina il fenomeno.

Dovranno passare 32 anni perché il fisico irlandese John Tyndall porti l’attenzione generale sulle capacità di assorbimento del calore irradiato dal sole denotato da alcuni dei gas presenti a livello atmosferico. Soltanto alla fine del secolo, però, a conferire carattere negativo all’effetto serra di derivazione umana, arrivò Svante Arrehenius, un fisico svedese il quale affermò che il raddoppio della concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera avrebbe portato ad un aumento della temperatura terrestre nell’ordine dei cinque o sei gradi. Nonostante fossero condotte sotto forma di modello matematico le sue stime si dimostrarono, per fortuna, esagerate, introducendo però un concetto chiave: aumento della quantità di CO2 e della temperatura planetaria sono strettamente collegati. Un concetto al momento sottovalutato dalla comunità scientifica, ma destinato a rivelare tutta la sua importanza nel secolo successivo.

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Nel corso del Novecento, infatti, prima l’ingegnere inglese Guy Stewart Callendar (nel 1938) e poi il fisico canadese Gilbert Plass (nel 1956) tornarono sul problema adottando le teorizzazioni di Arrenhius, anche se sarà necessario attendere il 1985 per vedere la comunità scientifica mondiale prendere atto nel concreto dell’importanza della questione. A porre ufficialmente la questione furono 29 climatologi, nel corso di un incontro sul tema tenutosi in Austria il quale spinse l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) a istituire tre anni più tardi l’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico). Al nuovo organismo, in particolare, fu affidato il compito di studiare il problema rappresentato dal riscaldamento globale e misurare la concentrazione dei gas serra nell’atmosfera e le conseguenze da essa prodotta.

Quali sono i principali gas serra sulla Terra

Abbiamo quindi visto più da vicino la natura dei gas serra, le proprietà ad essi collegate e gli effetti che sono in grado di causare. Il passo successivo non può che essere, quindi, la precisazione di quali siano, adottando un ausilio estremamente utile, quello rappresentato dal Global Warming Potential (Potenziale di riscaldamento globale), ovvero lo stesso indice il quale è stato utilizzato dal già citato IPCC nell’intento di misurare il contributo preciso di un determinato gas serra al riscaldamento globale e al cui interno l’unità di misura adottata è l’anidride carbonica (CO2).

I principali gas serra presenti nell’atmosfera della Terra, oltre ad essa sono:

  • il vapore acqueo (H2O);
  • il protossido di azoto (N₂O);
  • il metano (CH₄);
  • l’esafluoruro di zolfo (SF6).

Tutte queste sostanze hanno origine sia naturale che antropica, a differenza degli alocarburi, di origine esclusivamente antropica e al cui interno si fanno notare soprattutto i clorofluorocarburi (CFC). Pur emessi in quantità ridotta, rispetto all’anidride carbonica, al metano e al protossido di azoto, e nonostante abbiano livelli di concentrazione nell’atmosfera molto limitati, i gas alogenati presentano però un tempo di vita molto lungo il quale si associa ad un elevato effetto in qualità di forzante radiativo. Proprio per questo motivo contribuiscono in maniera rilevante all’effetto serra.

Per quanto riguarda i gas serra considerati più nocivi, è il Protocollo di Kyoto, il trattato internazionale sull’ambiente e sul riscaldamento globale approvato l’11 dicembre 1997 da oltre 180 Paesi di ogni parte del globo a indicare in questo novero i seguenti: l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH₄), il protossido di azoto (N₂O), i clorofuorocarburi (CFC), i perfluorocarburi (PFC) e l’esafloruro di zolfo (SF6).

Quali sono le cause dell’effetto serra

I fattori che influenzano l’effetto serra sono molteplici e agiscono in diversa misura e con differenti modalità. Se è vero che la composizione dell’atmosfera si è modificata notevolmente nel corso dell’evoluzione della Terra a causa di fattori geologici (dalle emissioni vulcaniche all’attività degli oceani) e biologici (come le attività batteriche e la respirazione di animali e piante), anche l’attività umana, come abbiamo già sottolineato, ha avuto un’influenza rilevante su questo aspetto.

L’uomo, in particolare, va a incide sull’atmosfera determinando un aumento eccessivo di anidride carbonica e metano, legato all’utilizzo di combustibili fossili, alla vera e propria esplosione dell’allevamento di bovini e suini e alle culture a sommersione (a partire dal riso). Inoltre, occorre considerare l’azione esercitata dai prodotti di sintesi, in particolare i clorofluorocarburi che sono stati utilizzati sino agli anni ’70 del secolo passato in qualità di propellenti all’interno delle bombolette spray, dei collanti e dei solventi, e i perfluorocarburi. Entrambi danno un vistoso contributo all’intensificazione dell’effetto serra, oltre a rendere sempre più pressante il problema noto come buco dell’ozono.

Effetto serra: quali sono le conseguenze?

Quando si parla di riscaldamento globale il riferimento è all’aumento della temperatura media verificatosi sulla Terra a partire dagli ultimi decenni del XIX secolo e ai fenomeni atmosferici conseguenti al mutamento climatico del Pianeta. In quest’ultima categoria si possono indicare ad esempio:

  • la progressiva desertificazione a carico di alcune aree terrestri;
  • l’innalzamento del limite relativo alle nevi perenni;
  • il progressivo scioglimento dei ghiacciai registrato in gran parte delle catene montuose dislocate in ogni parte del globo;
  • l’innalzamento, il riscaldamento e l’acidificazione degli oceani che sta provocando una serie di mutamenti faunistici, innalzando il pericolo di possibili inondazioni delle zone costiere;
  • i mutamenti per quanto riguarda la circolazione atmosferica e oceanica;
  • l’aumento di fenomeni atmosferici anomali come uragani, alluvioni, frane e siccità.
Uragano – vista satellite

Agli effetti climatici si vanno poi ad aggiungere quelli di carattere economico, a partire dalla necessità di lasciare territori in avanzata fase di degrado da parte di un gran numero di persone, con una serie di migrazioni dal Sud del mondo verso l’Occidente avanzato, con conseguenze devastanti dal punto di vista della tenuta sociale.

Non meno importanti gli effetti di carattere sanitario, con la possibile diffusione di malattie tropicali come la malaria e di altre patologie legate alle punture di insetti come zecche e zanzare. Da questo punto di vista occorre però anche menzionare un punto di vista alternativo come quello espresso dall’ambientalista danese Bjørn Lomborg, da tempo indicato per le sue posizioni apertamente scettiche nei confronti del riscaldamento globale. Secondo lui, infatti, proprio un aumento delle temperature è in grado di dispensare effetti benefici sotto forma di una notevole diminuzione dei decessi dovuto al freddo. Un dato il quale potrebbe rivelarsi infine molto più elevato rispetto a quello riguardante i decessi legati al caldo.

Quali sono i settori economici con maggiore impatto ambientale?

Una volta visti quali sono i gas serra più nocivi e le conseguenze che possono comportare a livello ambientale, l’ultimo passo consiste nel cercare di precisare quali siano i settori economici che hanno una maggiore ricaduta in termini ambientali.

La base da cui partire, può essere nel nostro Paese l’Istat (Istituto Nazionale di Statistica), il quale nei suoi rapporti periodici indica rispettivamente:

  • l’industria manifatturiera, che fornisce un largo contributo a quasi tutte le emissioni in quantità importanti, anche per effetto delle dimensioni assunte dal settore;
  • l’agricoltura, specialmente se intensiva, la quale va ad incidere in maniera rilevante sull’inquinamento emettendo quantitativi molto rilevanti di metano;
  • il settore energetico (energia elettrica e termica) che contribuisce a sua volta con l’emissione di grandi quantità di anidride carbonica;
  • i trasporti, in cui devono essere sommate le componenti relativo al terrestre, al marittimo e all’aeronautica, con un contributo tangibile soprattutto in termini di emissioni di CO2, NOx e CO. In particolare, è il trasporto marittimo a contribuire in larga misura alle emissioni di SOx e particolato. Quest’ultimo è però una caratteristica anche del trasporto terrestre, emesso soprattutto nei centri abitati ed estremamente dannoso per la salute. Per capire meglio il discorso sui trasporti, occorre ricordare che in Italia, il settore è direttamente responsabile per il 25,2% delle emissioni di gas serra e del 30,7% di quelle di CO2. Il 92,6% delle emissioni nazionali di tutto il comparto è poi da attribuire al trasporto stradale di passeggeri e merci, settore che ha dato vita ad un aumento del 3,2% delle emissioni tra il 1990 e il 2019, in netta controtendenza rispetto al 19% in meno fatto registrare dalle emissioni totali durante lo stesso periodo. Questi dati sono contenuti nel rapporto “La decarbonizzazione dei trasporti – Evidenze scientifiche e proposte di policy”, pubblicato a cura degli esperti della Struttura Transizione Ecologica della Mobilità e delle Infrastrutture (STEMI) del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS).
La Redazione

Mi chiamo Giuseppe e sono il fondatore di GreenYourLife, un blog pensato per fornire informazioni e consigli utili per uno stile di vita più sostenibile. Sono nato e cresciuto in uno dei posti più belli del mondo, la Sardegna, e sono sempre stato attento alle tematiche ambientali.

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