Aprile 14, 2022
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  • Colonnine di ricarica auto elettriche: la normativa

Il preventivato sviluppo del trasporto elettrico, anche in Italia, pone un problema accessorio, quello rappresentato dalle colonnine necessarie per poter procedere alla ricarica di questo genere di veicoli.

Se nel nostro Paese, le auto elettriche non sono ancora diffuse come in altri del vecchio continente, è presumibile che nel corso dei prossimi anni il trend già in atto prenda ulteriore vigore. In tal caso, però, occorre sottolineare come per quanto concerne l’approvvigionamento dei veicoli il quadro normativo sia già stato delineato in maniera molto chiara. Sia dal punto di vista delle modalità di realizzazione delle stazioni adibite alla ricarica che da quello relativo alla gestione e alle modalità di offerta del servizio al pubblico. Andiamo quindi ad esaminare più da vicino la questione.

Quali sono i riferimenti normativi?

Il punto da cui partire è naturalmente da individuare nei riferimenti normativi esistenti in Italia. Quelli più rilevanti in assoluto sono:

  1. la direttiva 94 emessa nel 2014 e approvata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio del 22 ottobre dello stesso anno, meglio conosciuta come Direttiva AFID (acronimo di Alternative Fuels Infrastructure Directive) avente come oggetto la realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi. Il provvedimento indica i requisiti da rispettare obbligatoriamente per poter sviluppare una infrastruttura di questo genere nel caso dei combustibili alternativi, a partire dall’elettrico;
  2. La Legge n. 134 del 7 agosto 2012, Art. 17 septies, comma 1, a sua volta nota al grande pubblico come PNIRE, ovvero Piano Nazionale Infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica. Si tratta in buona sostanza di un insieme di linee guida promosse dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel preciso intento di andare a orientare al meglio lo sviluppo della mobilità elettrica in Italia.

Quali sono i punti focali dei provvedimenti emessi?

I due provvedimenti cui abbiamo accennato, si incaricano in pratica di andare a spianare la strada verso lo sviluppo di una infrastruttura in grado di essere non solo interoperabile, ma anche facilmente accessibile da parte degli utenti.

Il punto di partenza è da individuare proprio nella definizione di punto di ricarica aperto al pubblico, intendendo come tale “un punto di ricarica o di rifornimento per la fornitura di combustibile alternativo che garantisce, a livello di Unione, un accesso non discriminatorio a tutti gli utenti. L’accesso non discriminatorio può comprendere condizioni diverse di autenticazione, uso e pagamento.”

Occorre notare come non sussista alcun genere di distinzione fra “punti di ricarica privati aperti al pubblico”, ovvero le installazioni eseguite da soggetti privati su suolo privato, e “punti di ricarica pubblici”, categoria che include le installazioni eseguite su suolo pubblico sia da Enti Pubblici che da soggetti privati.

In questo ambito, l’obiettivo finale è quello di riuscire a dare una definizione dei requisiti a validità generale che devono essere applicati a qualsiasi punto di ricarica accessibile dal pubblico, con lo scopo evidente di assicurarne la più ampia fruibilità da parte degli utenti finali, ovvero da parte di chi conduce un veicolo elettrico.

Quali sono le caratteristiche dei punti di ricarica?

Colonnina di ricarica auto elettrica

Le normative citate provvedono anche a incaricarsi di suddividere i sistemi di ricarica in due tipologie, prendendo come base la potenza massima. La suddivisione è la seguente:

  • “punto di ricarica di potenza standard”, termine che indica un punto di ricarica che rende possibile il trasferimento di elettricità a un veicolo elettrico di potenza pari o inferiore a 22 kW, esclusi i dispositivi di potenza pari o inferiore a 3,7 kW, installati nelle abitazioni private o che non abbiano come scopo principale il ricaricare i veicoli elettrici, e non accessibili al pubblico. Il punto di ricarica di potenza standard è suddiviso in lenta, pari o inferiore a 7,4 kW, e accelerata, superiore a 7,4 kW e pari o inferiore a 22 kW. La categoria include tutti i sistemi di ricarica in corrente alternata (AC – Modo 3 secondo CEI EN 61851) e i sistemi di ricarica in corrente continua di potenza fino a 22 kW (DC – Modo 4 secondo CEI EN 61851);
  • “punto di ricarica di potenza elevata”, indicante quello che permette il trasferimento di elettricità a un veicolo elettrico di potenza superiore a 22 kW. A sua volta, il punto di ricarica di potenza elevata può essere veloce, ove superiore a 22 kW e pari o inferiore a 50 kW e ultra-veloce se superiore a 50 kW. Questa categoria ingloba tutti i sistemi di ricarica in corrente continua di potenza superiore a 22 kW (DC – Modo 4 secondo CEI EN 61851).

Per poter essere considerati rispondenti alle norme i sistemi di ricarica devono mostrare conformità almeno ai seguenti requisiti tecnici minimi:

  • nel caso dei punti di ricarica di potenza Standard per i veicoli a motore, quelli di potenza standard a corrente alternata (AC) per veicoli elettrici devono essere muniti, ai fini della necessaria interoperabilità, almeno di prese fisse o connettori per veicoli del Tipo 2, come descritti nella norma EN62196-2. Al fine di mantenere la compatibilità con questi ultimi, queste prese fisse possono essere corredate da dispositivi come gli otturatori meccanici;
  • per i punti di ricarica di potenza Elevata per i veicoli a motore, quelli a corrente alternata (AC) per i veicoli elettrici sono dotati, sempre per corrispondere ai fini di interoperabilità, perlomeno di connettori del tipo 2, la cui descrizione è presente nella norma EN62196-2. I punti di ricarica di potenza elevata a corrente continua (DC) per veicoli elettrici devono a loro volta essere dotati, a fini di interoperabilità, di connettori del sistema di ricarica combinato «Combo 2», in base alla descrizione offerta dalla norma EN62196-3.

Sia la normativa europea che il piano predisposto dal nostro governo, precisano quindi che:

  1. nel caso delle ricariche in corrente alternata (AC), le stazioni di ricarica devono essere rispondere in termini di conformità al Modo 3 della IEC 61851 e devono presentare in dotazione la Presa di ricarica Tipo 2 prevista dalla norma EN 62196;
  2. per quanto riguarda invece le ricariche in corrente continua (DC), devono invece garantire la presenza perlomeno della Presa di ricarica Standard CCS Combo2.

Occorre anche considerare la presenza sulle nostre strade di veicoli che presentano dispositivi di ricarica in corrente continua diversi e Fast AC “Tipo 2”, in particolare proposti da produttori come Renault, Mitsubishi e Nissan. Proprio questa è la ragione che consiglia, quando si tratta di installare sistemi di ricarica in corrente continua (DC – Modo 4), l’utilizzo di stazioni di ricarica multistandard, ovvero in grado di integrare tutti e tre gli standard presenti sul mercato per la ricarica veloce delle autovetture elettriche. Una specifica adottata proprio all’interno del PNIRE.

Come deve essere gestito e offerto il servizio di ricarica?

Altro punto affrontato dal PNIRE è poi quello relativo alla gestione del servizio di ricarica, per il quale si viene a realizzare un allineamento con il testo della direttiva europea del 2014. Ne deriva, quindi che l’attività di ricarica dei veicoli elettrici deve connotarsi alla stregua di un’attività concorrenziale cui devono poter partecipare tutti i soggetti interessati a sviluppare o gestire una infrastruttura di ricarica.

Altro punto qualificante del provvedimento è quello che indica l’opportunità che le attività in questione fossero dislocate in ambiti territoriali di una certa estensione, tenendo anche presente i flussi di traffico. In tale ottica è possibile limitare al minimo i problemi di interoperabilità tra sistemi diversi. In parole povere, occorre favorire una continuità di ricarica priva di eccessive complicazioni.

Ne deriva la necessità che tutte le aziende dedite alla produzione di sistemi di ricarica devono adoperarsi per il varo di sistemi aperti e interoperabili tali da riuscire garantire una continuità territoriale della ricarica ad ogni livello, dal locale al comunitario.

Altre caratteristiche di questi sistemi sono poi le seguenti:

  • la presenza di una modalità di gestione delle infrastrutture di ricarica tale da offrire una serie di informazioni e funzionali di base;
  • quella di stazioni di ricarica libere da contratti per gli utilizzatori di veicoli elettrici, ovvero in grado di assicurare la libera concorrenza.

Da quanto detto, ne consegue che per essere realmente corretta, la gestione di un punto di ricarica per veicoli elettrici aperto al pubblico richiede la realizzazione di un sistema di gestione in grado di conseguire Interoperabilità fra sistemi di ricarica e circuiti diversi, nel preciso intento di agevolare gli utenti finali e assicurare la sospirata continuità di ricarica. Detto in parole povere, una singola colonnina, o un insieme di colonnine di ricarica, deve essere gestito escludendo logiche proprietarie e in modo da conseguire l’integrazione con l’infrastruttura circostante. Quindi, ogni singola installazione deve poter essere fruibile anche da quegli utenti che provengano da territori diversi e facciano riferimento a circuiti differenti. Da tale logica discende la formazione di una vera e propria rete di ricarica, in cui i singoli sistemi, anche se diversi, siano in grado di comunicare tra di loro.

I problemi della ricarica in Italia

Perché è importante la presenza di una normativa relativa alle colonnine di ricarica delle auto elettriche? Il motivo è da ricercare nel fatto che in Italia, ancora oggi, esistono grossi problemi sotto tale punto di vista.

Una indagine compiuta da Quattroruote nel giugno del 2021 ha infatti rivelato gravi carenze sotto due profili:

  1. l’inattività di molte colonnine. Il caso limite è stato riscontrato a Roma ove Enel X, ha provveduto all’installazione di 300 infrastrutture delle quali, però, al momento dell’indagine, addirittura 130 erano fuori servizio. Un problema derivante dal mancato allacciamento alla rete di distribuzione dell’energia o causato da problemi burocratici, dovuti alle pratiche ferme in Comune o nei Municipi. Un problema il quale, peraltro, non è limitato soltanto alla capitale, se si pensa che secondo uno studio realizzato da E-Motus, associazione che raggruppa i principali operatori del settore, alla fine del 2020, il 21% delle colonnine installate in Italia era in stato di inattività per le identiche ragioni;
  2. circa il 50% delle colonnine oggetto di ispezione a Milano risultava occupato abusivamente dai conducenti di vetture a propulsione termica o di elettriche e ibride plug-in non collegate. Un andazzo che viene favorito dalla sostanziale inerzia della polizia municipale, la quale tollera il fenomeno invece di reprimerlo con la necessaria severità.

In queste condizioni sembra complicato riuscire a realizzare lo scenario prefigurato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) varato per poter ottenere i fondi dell’Unione Europea. Proprio all’interno del piano si prevede che lungo il territorio nazionale, nel 2030 circoleranno 6 milioni di autovetture elettriche, i cui utilizzatori potranno contare su un sistema formato da 21mila impianti per la ricarica veloce. Considerata la situazione mostrata dallo studio di Quattroruote, la strada sembra tutta in salita, tanto da scoraggiare molte persone che sarebbero interessate a contribuire alla diffusione di una mobilità più sostenibile.

L’indagine di Continental

A mettere in rilievo quest’ultimo aspetto è stato di recente l’osservatorio Continental sulla mobilità e la sicurezza stradale. La sua indagine è stata effettuata su un campione formato da 3mila italiani di età compresa tra i 18 e i 72 anni e ha restituito dati inequivocabili: circa il 66,1% degli intervistati sarebbe interessato all’acquisto di un’auto elettrica.

Tutto bene? Non proprio: il 37,4% degli intervistati aggiunge la sensazione che le colonnine di ricarica siano ancora poco diffuse, mentre il 24,6% sostiene a sua volta di non aver mai avuto la fortuna di vederne una pubblica.

Ciò vuol dire che una volta risolti i problemi su autonomia e tempi di ricarica, ci potrebbe essere un ultimo fattore a frenare la diffusione delle auto elettriche, ovvero la latitanza di una rete di ricarica efficiente e capillare come quella formata dai distributori di benzina.

Sono del resto i dati forniti dall’Unione Europea ad attestare l’esistenza del problema. In base agli stessi, infatti, il numero di colonnine di ricarica in Italia è tra i più bassi tra quelli riconducibili alle economie maggiori dell’eurozona. Un problema che lo stesso PNRR punta a superare entro il 2025 stanziando 741 milioni di euro per la creazione di circa 21mila punti di ricarica rapidi. Resta da capire se il proposito sia destinato a realizzarsi, anche in considerazione dei freni di carattere burocratico, o a restare ancora una volta su carta.

La Redazione

Mi chiamo Giuseppe e sono il fondatore di GreenYourLife, un blog pensato per fornire informazioni e consigli utili per uno stile di vita più sostenibile. Sono nato e cresciuto in uno dei posti più belli del mondo, la Sardegna, e sono sempre stato attento alle tematiche ambientali.

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