La questione energetica è sempre più presente nel dibattito pubblico. A renderla assolutamente fondamentale è non solo l’accresciuta percezione dei pericoli collegati agli squilibri ambientali prodotti da un modello energetico ormai obsoleto, ma anche gli effetti della guerra che vede coinvolte Russia e Ucraina.
Proprio il mix prodotto da questi fattori spinge istituzioni e cittadini di ogni parte del globo ad interrogarsi su quali siano le soluzioni ad una situazione così problematica. Tra di esse occorre ricordare anche l’agroenergia. Andiamo quindi a cercare di conoscerla meglio.
Cos’è l’agroenergia?
Molto spesso, quando si affronta il discorso relativo alle agroenergie, la discussione va a concentrarsi sulle biomasse. Si tratta di un errore di non poco conto, in quanto con il termine agroenergia si dovrebbe invece fare riferimento a ogni potenzialità energetica collegata con l’attività agricola. Al momento, comunque, le agroenergie più conosciute e affermate sono i biocarburanti (biodiesel e bioetanolo) e l’energia derivante dalle biomasse (elettricità, biogas ed energia termica). Ad esse, però, se ne possono aggiungere molte altre, a partire dal legname passando per i liquidi di scarto degli allevamenti e i sottoprodotti della pioppicoltura (cippato di pioppo) sino ad arrivare alle microalghe, specie unicellulare capace di trasformare l’anidride carbonica in biocarburante.

Proprio le microalghe rappresentano una soluzione estremamente interessante. Vanno infatti a bypassare quello che è considerato il maggiore problema che frena una maggiore utilizzazione delle agroenergie, la necessità di spazi che possano essere destinati alla produzione di energia sacrificando le coltivazioni. Un problema che, almeno per ora, ha impedito l’affermarsi di quelle biomasse che sono in grado di assicurare straordinari benefici come la totale rinnovabilità e un impatto ambientale insignificante.
Agroenergia: la situazione in Italia
Qual è la situazione dell’agroenergia nel nostro Paese? A rispondere al quesito è stato l’annuario del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria. Il documento stilato e pubblicato dall’ente di ricerca, che opera sotto la vigilanza del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf), esamina lo stato l’agricoltura in Italia nel 2020 e affronta il discorso relativo alle possibili diversificazioni.
Proprio in questo ambito, il rapporto riserva un capitolo specifico alle agroenergie, partendo da un recente studio pubblicato dall’Enea, in cui si ricorda come biomasse e biogas insieme presentino numeri e potenziale per rivelarsi una fonte strategica per la nuova politica energetica nazionale. Inoltre, sono in grado di rappresentare una notevole opportunità di reddito integrativa per le aziende agricole. In tale veste sarebbero quindi una sorta di volano su cui far lievitare il valore aggiunto del settore.
In buona sostanza, la tesi di fondo dell’annuario del Crea è che l’agroenergia evidenzia notevoli potenzialità che, al momento, non vengono adeguatamente sfruttate. Di fatto, come afferma il documento, le agroenergie rappresentano attualmente nel nostro Paese la fonte energetica rinnovabile più importante in assoluto. A renderla tale è non solo l’ampia disponibilità di materia prima, ma anche la possibilità di fare da base per la fornitura di elettricità, calore e biocarburanti utilizzando allo scopo tecnologie mature e affidabili.
Se questo è il bicchiere mezzo pieno, quello mezzo vuoto è rappresentato a sua volta dal fatto che la biomassa, pur essendo una risorsa rinnovabile, continua e programmabile, al tempo stesso non è inesauribile. Inoltre, occorre utilizzarla in maniera tale da consentirne la ricostituzione senza pericoli di alterazione degli ecosistemi ed eliminando in partenza la possibilità di conflitti con l’uso del suolo agricolo a scopi di produzione alimentare e di mangime.
Ancora sulle biomasse, il documento del Crea si sofferma in un paragrafo successivo, con il preciso intento di affrontarne un altro punto dirimente. Secondo gli estensori, se ad oggi esse rappresentano la fonte rinnovabile maggiormente utilizzata nel settore dell’energia termica, soprattutto in ambito domestico, per favorire una diffusione delle fonti rinnovabili in tale ambito si rende obbligatorio risolvere il problema delle loro emissioni inquinanti, in particolare sotto forma di polveri sottili.
L’agrivoltaico: opportunità e problemi
L’utilizzo dei terreni agricoli per la produzione di energia è considerata peraltro una notevole risposta alla necessità di aggirare le proteste delle comunità locali verso impianti considerati dannosi per l’ambiente, come quelli geotermici.

Un esempio in tal senso è rappresentato dall’agrivoltaico, la soluzione per cui si batte Legambiente e che ha appena visto Enea favorire il lancio di una rete nazionale. Con tale termine si intende il sistema di produzione energetica sostenibile che vede gli agricoltori unire le coltivazioni con la generazione di energia pulita. Il mix, derivante dalla combinazione di energia solare e colture, è consentito dal posizionamento dei pannelli solari sopra un sottobosco di piante.
I padri dell’agrivoltaico sono stati Adolf Goetzberger e Armin Zastrow, che lo hanno concepito nel 1981, dando vita ad una tecnica la quale permette di non andare a occupare terreno aggiuntivo a quello già utilizzato per le coltivazioni. Permettendo al contempo altri vantaggi, ovvero:
- un aumento della resa delle coltivazioni;
- una riduzione del quantitativo di acqua necessaria;
- la limitazione del costo della produzione di energia.
A questi vantaggi occorre però contrapporre alcuni difetti di non poco conto, come l’impossibilità di adattare l’agrivoltaico a molti terreni e i limiti legislativi esistenti in alcuni paesi, ove è in pratica vietato lo sfruttamento dei terreni agricoli per produrre energia solare.
Anche in Italia questo secondo aspetto è stato esaminato a livello politico. In particolare, il ministro Patuanelli, nel corso di un’audizione parlamentare, ha affermato le sue perplessità sull’agrivoltaico, in quanto le aziende agricole dovrebbero limitarsi alla funzione originaria, senza allargarsi alla produzione di energia. Allo stesso tempo si può però pensare di utilizzare aree marginali per installare gli impianti sospesi e provare a varare culture riparatrici sopra alle quali posizionare i pannelli fotovoltaici.
Anche il Ministero della Transizione Ecologica (Mite) si è occupato del settore, affermando di recente che in breve si dovrebbe arrivare all’enunciazione delle linee guida cui dovranno attenersi gli operatori del settore. A riferirlo è stato Daniele Novelli, capo della segreteria tecnica Energia del ministero, durante un webinar organizzato da Elettricità Futura.
L’agroenergia è realmente amica dell’ambiente?
Occorre a questo punto precisare una cosa fondamentale: quando si parla di agroenergie si indicano risorse energetiche rinnovabili, ma non obbligatoriamente pulite. Proprio per questo motivo il dibattito intorno alle biomasse e ai biocarburanti tende ad assumere toni molto accesi.
Per quanto riguarda i secondi, in particolare, la discussione è incentrata sul fatto che questa fonte di energia sta apportando radicali mutamenti allo scenario dell’agricoltura moderna, soprattutto nel caso in cui si tratti di land grabbing e sfruttamento dei terreni agricoli.
Il caso limite è quello rappresentato dai Paesi del Terzo Mondo un tempo dediti allo sfruttamento di questi appezzamenti per la produzione di derrate alimentari. Terreni fertili che, destinati alla produzione dei biocarburanti, hanno innescato conseguenze drammatiche: in alcune delle parti più sviluppate del globo i prezzi dei prodotti agricoli hanno iniziato nuovamente a correre per la diminuzione della produzione, mentre in quelli sottosviluppati o ancora nella fase iniziale del loro sviluppo si sono prodotti forti squilibri.
La situazione è leggermente mutata, in meglio, con l’arrivo dei biocarburanti di nuova generazione, ovvero le agroenergie derivanti dall’utilizzo di altre tecniche e materie prime più accessibili. Tra quelle in grado di essere impiegate nella produzione di biocarburanti di nuova generazione occorre ricordare le biomasse (in particolare legno e cellulosa), il miscanto, arbusto appartenente alla famiglia delle graminacee coltivabile anche su terreni residuali, e le alghe.
L’energia prodotta con biomasse è sostenibile, dal punto di vista ambientale?
Le polemiche sono andate ad investire anche un altro aspetto della questione, quella relativa alla sostenibilità ambientale delle energie da biomasse, a partire dal biogas. Questa fonte energetica è ricavabile dalla decomposizione della sostanza organica all’interno di ambienti anaerobici, catalizzata da microrganismi che si mostrano capaci di digerire i rifiuti organici e liberare al termine del processo il biogas. Quello grezzo è per il 55-65% formato da metano, che va ad aggiungersi ad altri gas, tra cui una parte rilevante di CO2. Il biossido di carbonio, comunque, non va a rappresentare un problema ambientale, essendo destinato ad essere eliminato dal biogas grezzo mediante un processo di Pressure Swing Absorption (PSA), il quale sfrutta matrici assorbenti, oppure con l’uso di uno scrubbers ad acqua.
Occorre precisare con forza che produrre il biogas partendo dalla biomassa vegetale non rappresenta un problema per l’ambiente. Ad essere dibattuto è in realtà un altro aspetto, quello relativo alla derivazione delle materie prime utilizzate. La produzione in questione, infatti, è sostenibile esclusivamente nel caso in cui sia a filiera corta. Ovvero quando il biogas viene prodotto da una azienda agricola che utilizza all’uopo le proprie materie prime, oppure di derivazione locale. Nel caso contrario il bilancio energetico viene ad essere appesantito dall’energia impiegata per trasportare la biomassa. Purtroppo, è ancora troppo frequente il caso di coltivazioni di mais (da cui deriva la biomassa impiegata per il biometano) posizionate a notevole distanza dall’impianto in cui dovrà essere effettivamente prodotto il biogas.
Proprio per cercare di bypassare questa problematica, gli esperti sono soliti ribadire che il modo ideale di ricorrere all’agroenergia è quello che prevede l’impiego di biomassa destinata alla frazione organica della discarica. L’energia prodotta con l’utilizzazione dei rifiuti organici si dimostra estremamente conveniente non solo da un punto di vista puramente economico, ma anche da quello ambientale.
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