Aprile 14, 2022
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In un momento in cui la guerra tra Russia e Ucraina rischia di avere drammatiche ripercussioni sul nostro Paese, per il blocco del gas russo, è naturalmente ripresa la discussione relativa all’approvvigionamento energetico dell’Italia.

Una discussione la quale scorre praticamente in parallelo con quella relativa alla necessità di una transizione verso quelle fonti rinnovabili che potrebbero allontanare l’incubo del surriscaldamento planetario. In questo quadro, tra le ipotesi in discussione ci sono anche le biomasse. Andiamo quindi a capire di cosa si tratti e quali vantaggi siano in grado di garantire.

Cosa sono le biomasse?

Con il termine biomasse si intendono tutte quelle sostanze di origine biologica, vegetale o animale, le quali non sono state sottoposte a processi di fossilizzazione. Assumendo un altro punto di vista, si possono considerare tali tutte le sostanze derivanti dalla fotosintesi clorofilliana, in maniera diretta o indiretta.

Biomassa vegetale

L’energia che da esse scaturisce, di conseguenza, si tratti di elettrica o termica, può essere considerata pulita e rinnovabile. Stiamo quindi parlando di una fonte energetica alternativa tale da poter essere utilizzata al posto di quelle fossili ormai in aperto stato di accusa

Sono soprattutto gli impianti a biomasse per la produzione di energia elettrica a evidenziare una serie di vantaggi notevoli, legati in particolar modo al ciclo di sfruttamento di prodotti agricoli e dei rifiuti biodegradabili. Ne deriva un loro sempre maggiore sfruttamento, portato avanti con l’evidente intento di conseguire una maggiore sostenibilità per l’ambiente.

Nella categoria delle biomasse sono compresi in particolare:

  • la legna da ardere
  • gli scarti provenienti dai processi di lavorazione delle industrie alimentari;
  • le ramaglie e i residui delle attività agricole e forestali;
  • i liquidi reflui provenienti dagli allevamenti;
  • le alghe marine;
  • i rifiuti organici urbani;
  • le piante coltivate in maniera specifica al fine di produrre energia.

I principali tipi di biomasse

Quali sono i principali tipi di biomassa? La distinzione principale avviene tra le seguenti tipologie:

  1. le biomasse vegetali, le più utilizzate in assoluto. Provenienti dagli scarti delle attività agricole, di giardinaggio e manutenzione dei boschi, vanno a includere anche alcune specie vegetali, le quali sono coltivate appositamente coltivate per favorire l’approvvigionamento di materiale in grado di sostenere la produzione di energia. Tra di esse vanno a rientrare in particolare il legno, le vinacce, i torsoli e i noccioli, la sansa, i gusci e le bucce di frutta e verdura;
  2. le biomasse animali, ovvero quelle che provengono dall’allevamento di animali erbivori. I maggiori esempi in tal senso sono rappresentati dal letame, il quale contiene al suo interno tutti i gas, e dall’energia chimica derivante dall’erba mangiata e successivamente digerita dagli animali. Un esempio controverso di biomassa animale è quello rappresentato dalle carcasse animali, sulle quali è molto forte la polemica da parte delle associazioni che si battono per i loro diritti;
  3. biomasse microbiche, prodotte dal suolo e rese disponibili grazie agli elementi che lo compongono. Non solo, quindi, azoto e zolfo, ma anche funghi, batteri e microbi disseminati all’interno dei terreni. Sono in pratica i vari nutrienti provenienti dalla decomposizione di piante, animali e feci a rendere possibile il loro impiego a scopi di approvvigionamento energetico.
  4. biomasse liquide, derivanti dalla spremitura, e successiva raffinazione, di semi oleosi o altre parti provenienti da piante particolari, ad esempio il mais, la colza, il girasole, la soia. Nella categoria rientrano anche il biodiesel, ottenuto con l’impiego di grassi animali e oli vegetali ed utilizzabile in sostituzione del gasolio, e i bioproduct realizzati con composti chimici.

Come funziona l’energia derivante dalle biomasse?

Ad essere utilizzati per la produzione di energia elettrica sono i materiali di scarto riconvertiti tramite processi chimici o termici. In questo ambito, la trasformazione delle biomasse si verifica proprio sulla base del prodotto finale che si intende ottenere.

Combustione delle biomasse

Il processo prevede che esse siano sottoposte a combustione all’interno di una camera, in modo da andare a generare calore da utilizzare al fine di produrre energia elettrica oppure spendibile come fonte di riscaldamento. In pratica, la combustione delle biomasse va a rilasciare calore che trasforma in vapore l’acqua della centrale termodinamica e grazie al quale la stessa è in grado di generare elettricità, facendo entrare in funzione una turbina collegata ad un alternatore. In particolare, il vapore provvede a far ruotare la turbina, la quale spinge alla rotazione l’alternatore, producendo infine corrente elettrica alternata. Il vapore proveniente dalla turbina è a sua volta trasformato in acqua da un condensatore in modo da essere reintrodotto all’interno della caldaia.

Proprio questo procedimento spinge a catalogare gli impianti a biomasse per la produzione di energia elettrica come ecofriendly, ovvero rispettosi nei confronti dell’ambiente. Un giudizio motivato anche dal fatto il riutilizzo dei rifiuti favorisce la risoluzione di due problemi di non poco conto degli attuali processi produttivi: lo stoccaggio di quelli prodotti e la loro definitiva distruzione.

Quali sono i vantaggi delle biomasse?

L’energia da biomasse viene spesso evocata proprio per i vantaggi che sembra in grado di offrire. Tra di essi occorre ricordare in particolare i seguenti:

  • il rappresentare nel panorama delle fonti rinnovabili, una risorsa abbondante e facilmente reperibile, in grado di andare a ridurre la dipendenza dalle fonti di natura fossile;
  • il fatto di non incidere in maniera significativa sui livelli di riscaldamento globale e su quelli livelli di gas serra rilasciati in atmosfera;
  • la possibilità di regolare e programmare la produzione di energia da questi prodotti di scarto, andando semplicemente a ridurre o aumentare il materiale organico da condurre nella camera di combustione;
  • quella di portare avanti il procedimento di combustione senza la necessità di tecnologie particolarmente complesse e costose;
  • l’opportunità di portare ai minimi termini il riempimento delle discariche tramite il ricorso agli scarti agricoli, industriali e urbani.

E quali gli svantaggi?

Naturalmente, l’impiego di biomasse non comporta soltanto vantaggi, ma anche alcuni svantaggi da tenere presenti in fase di valutazione. Tra di essi è necessario ricordare i seguenti:

  • la necessità di reperire spazi molto ampi per la loro coltivazione, che vengono peraltro sottratti ad altri utilizzi agricoli, a partire da quelli alimentari. Senza spazi di una certa vastità viene infatti a decadere la convenienza economica dell’operazione;
  • l’obbligo di dare luogo a modifiche di larga portata in termini di pianificazione dell’attività agricola. In particolare, la coltivazione di prodotti alimentari deve essere oggetto di netta distinzione da quella di fonti energetiche, soprattutto per motivi di sicurezza igienico-sanitaria;
  • la massificazione di questo genere di coltivazioni potrebbe avere un impatto molto problematico, andando a sottrarre terra e acqua non solo alla produzione alimentare, ma anche alle foreste. A sostenerlo è un rapporto formulato dall’ONU;
  • l’impennarsi della richiesta di materie prime per la produzione energetica potrebbe andare ad incidere in maniera significativa sui prezzi delle derrate alimentari;
  • la mancanza di disponibilità delle biomasse in alcuni momenti dell’anno, tale da impedire di utilizzarle come fonte univoca di energia (anche se evidentemente si tratta di una preoccupazione secondaria, considerato che andrebbero a costituire parte di un paniere).

Come possono essere utilizzate le biomasse per la produzione di energia

Dopo aver visto vantaggi e svantaggi delle biomasse, andiamo ora ad analizzare il modo in cui esse potrebbero essere utilizzate al fine di produrre energia. Il punto da cui partire è rappresentato naturalmente da quale prodotto finale si intenda avere.

Per quanto riguarda i carburanti biologici, ovvero il bioetanolo, il biodiesel, gli idrocarburi sintetici e gli oli vegetali, a renderne possibile la disponibilità possono essere non solo la fermentazione e la spremitura, ma anche altri processi chimici.

Il biogas, a sua volta, può essere ottenuto mediante un processo del tutto specifico di digestione anaerobica, per poi essere utilizzato al fine di generare direttamente l’energia o sotto forma di combustibile. Il processo di fermentazione controllata di liquami, rifiuti agroindustriali o altro ha come risultato un gas molto ricco di metano, in percentuali che possono raggiungerei il 70%, dal quale deriva l’energia elettrica da immettere direttamente in rete oppure quella termica che sarà poi usata all’interno delle abitazioni sotto forma di riscaldamento.

L’energia termica è anche in grado di essere ricavata bruciando direttamente la biomassa legnosa (pellet o ciocchi) all’interno di caldaie a elevato rendimento o negli impianti di cogenerazione. Proprio i secondi vanno a produrre direttamente l’energia elettrica.

Per quanto riguarda la convenienza, va a variare in base al tipo di utilizzo delle biomasse. La maggiore efficienza in termini di uso energetico è quella riportata per il riscaldamento, la produzione di energia elettrica e sotto forma di bio-carburanti di nuova generazione. Mentre si è rivelato scarsamente efficiente l’etanolo derivato dal grano.

Le biomasse sono poi impiegate all’interno delle centrali delegate ad estrarne l’energia mediante le seguenti tecniche;

  • loro combustione diretta;
  • estrazione dei gas di sintesi mediante gassificazione;
  • pirolisi, un processo di decomposizione dei materiali organici mediante calore.

Quali sono gli effetti ambientali delle biomasse

Per poterne ricavare i vantaggi che abbiamo cercato di inquadrare in precedenza, occorre naturalmente riuscire ad utilizzare al meglio le biomasse, in modo tale da evirarne le ricadute in termini ambientali. È l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA), per voce del suo presidente Hans Bruyninckx, ad affermare che gli attuali metodi di coltivazione per la produzione energetica non sono riusciti a dimostrarsi eco-sostenibili. Tanto da spingere la stessa EEA a consigliare di ricorrere alle colture perenni, le quali non forniscono il raccolto ogni anno, favorendo quindi la filtrazione dell’acqua e prevenendo dalle inondazioni. Aggiungendo l’importanza di accentuare le rotazioni delle colture, in grado di dimostrare tutta la loro utilità in fase di rigenerazione dei terreni.

L’utilizzo estensivo degli alberi maturi per la produzione di energia è poi assolutamente sconsigliato. Il motivo è da ricercare nei tempi lunghi necessari per la ricrescita e, di conseguenza, per tornare a catturare l’anidride carbonica, che viene rilasciata nell’atmosfera in seguito alla combustione del legname.

Infine, per quanto riguarda i combustibili, l’EEA raccomanda vivamente l’utilizzo di rifiuti organici e residui agro-forestali, in quanto non solo non richiedono il consumo di nuovi terreni, ma vanno a diminuire gli sprechi idrici e l’emissione di gas serra.

L’energia da biomasse in Italia: qual è la situazione?

Per quanto riguarda il nostro Paese, la produzione di elettricità da biomasse ha fatto registrare una crescita costante nel corso del tempo. Un trend che si è andato consolidando nel corso degli ultimi dieci anni, durante i quali le biomasse si sono rivelate la fonte rinnovabile con il maggior sviluppo, posizionandosi alle spalle dell’eolico e del solare fotovoltaico.

L’Italia vanta al momento più di 2.700 impianti a biogas e biomassa in attività, i quali danno luogo ad una produzione totale tale da andare ad oltrepassare i 19.562.000 MWh e in grado di coprire poco meno del 6% del fabbisogno energetico nazionale. I numeri in questione sono stati resi pubblici da Terna, sotto forma di Dati Generali sui consumi energetici in Italia nel 2019. Il dato dell’ultimo biennio non dovrebbe comunque discostarsi in maniera significativa, fornendo un quadro di sostanziale crescita se rapportato ai dati che erano stati forniti dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) nella prima edizione del rapporto (“Le biomasse e i rifiuti”), pubblicata nel 2008. All’epoca, infatti, gli impianti alimentati da biomasse dislocati all’interno del territorio nazionale ammontavano a 352, che fornivano un totale di 1555 MG di potenza installata e una produzione pari a 5,966 Gwh.

Per quanto concerne la distribuzione regionale delle centrali a biomasse in Italia, il podio è formato da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Il dato più rilevante, però, è quello relativo ai livelli di produzione, dai quali si evince che per ogni tonnellata di biomassa legnosa, è possibile arrivare alla produzione di un megawattora di energia elettrica.

Per capire ancora meglio i dati riportati, ci soccorre anche in questo caso l’EEA, secondo la quale nel 2010 le biomasse tricolori hanno fornito circa il 7,5% dell’energia utilizzata nell’Unione Europea. Tanto da costituire uno dei Paesi con il più alto potenziale bioenergetico, insieme a Germania, Francia, Spagna e Romania.

Le biomasse, da quanto abbiamo visto sinora, sono quindi in grado di giocare un ruolo decisamente importante per la produzione di energia rinnovabile, anche in Italia. Tanto da spingere le associazioni di settore a inoltrare una lettera aperta al Ministro Per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, nell’aprile del 2021, in occasione della ripresa dei lavori tesi ad aggiornare e revisionare il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima), nell’intento di focalizzare l’attenzione istituzionale su di esse.

All’interno del documento, che è stato firmato da Elettricità Futura, Assitol, EBS, ANPEB, DiTNE, è stato sottolineato il ruolo chiave rivestito dal patrimonio italiano di produzione di energia da biomasse liquide, solide e gassose ai fini del conseguimento degli ambiziosi obiettivi che sono stati imposti dal Green New Deal.

Inoltre, si ricorda come gli impianti di produzione di energia da biomasse sono in grado di garantire a oggi la generazione di circa 20 TWh di energia elettrica, attraverso i quasi 3mila impianti dislocati su ogni parte del territorio nazionale, dando luogo ad una potenza installata che equivale a circa 4.200 MW.

Proprio in considerazione dei numeri conseguiti, i proponenti hanno chiesto una serie di modifiche del PNIEC in maniera tale da consentire agli impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da bioliquidi certificati sostenibili, biomasse solide e gassose, prodotti e sottoprodotti, di ottimizzare il proprio contributo all’attuale fase di transizione energetica. Andando in tal modo a scongiurare le incognite legate ad una progressiva dismissione di centrali che sono ancora in condizioni efficienti di esercizio.

L’importanza delle biomasse per la transizione energetica

La reale importanza delle biomasse per la transizione energetica può essere facilmente desunta dal fatto che quelle solide rappresentano la prima fonte rinnovabile in Italia nel settore termico. A questo primo dato occorre aggiungere quello ricordato dal GSE, secondo il quale nel 2019 dopo l’idroelettrico (40,8%) e il fotovoltaico (20,5%) a fornire il maggiore contributo alla produzione di energia da fonti rinnovabili (FER) sono state proprio le biomasse (16,9%). Il dato è contenuto nel report annuale sulle rinnovabili in Italia e in Europa elaborato dallo stesso GSE.

Se si esamina invece il settore termico, si può appurare come le fonti principali siano la biomassa solida (circa 7 Mtep, rifiuti esclusi), utilizzata soprattutto nel settore domestico sotto forma di legna da ardere o pellet, e le pompe di calore (2,5 Mtep). La prima rappresenta comunque la principale fonte energetica rinnovabile utilizzata nell’UE28 all’interno del settore termico.

Occorre poi sottolineare come se si cita l’idrogeno, in particolare quello verde, alla stregua di fonte di energia rinnovabile molto promettente, almeno in ottica futura, non si possa dimenticare che le biomasse sono ricche di idrogeno, il quale può essere estratto chimicamente in modo da essere utilizzato al fine di generare energia e alimentare i veicoli.

È in particolare il National Geographic a spiegare che le celle a combustibile stazionarie possono essere utilizzate per generare elettricità in luoghi remoti, ad esempio le aree incontaminate e i veicoli spaziali. A tal proposito va citato lo Yosemite National Park, posizionato in California, ove sono usate celle a combustibile a idrogeno per il rifornimento di elettricità e acqua calda al proprio edificio amministrativo.

I problemi posti dalle biomasse legnose

Un discorso a parte deve a questo punto essere fatto per le biomasse legnose, un argomento il quale presenta una serie di aspetti critici, tanto da indurre il Joint Research Center della Commissione Europea a pubblicare uno studio apposito.

Proprio al suo interno è possibile apprendere che la fonte primaria, ovvero la biomassa legnosa estratta direttamente dalle foreste o al di fuori delle foreste senza essere sottoposta a ulteriori trattamenti o conversioni, rappresenta il 37% del mix di input di legno per l’energia prodotta dall’UE. Circa il 47% di questo legno è costituito da fusti, con il restante 53% formato da cime, rami e altri componenti. Di converso, la fonte secondaria (ovvero i sottoprodotti dell’industria di lavorazione del legno, corteccia e legno di recupero post-consumo) rappresenta circa il 49% del mix di legno per l’energia, all’interno dell’eurozona. Un ulteriore 14% del mix di input non è a sua volta categorizzato nelle statistiche riportate, non potendo di conseguenza essere attribuito direttamente a fonti primarie o secondarie.

Dai dati riportati, consegue che le biomasse legnose rappresentano al momento la più importante fonte di energia rinnovabile, nell’UE ed in Italia. Tanto da essere considerate una risorsa oggi indispensabile per riuscire a raggiungere gli obiettivi europei per “energia e cambiamento climatico” con una crescita dall’attuale 18% di energia proveniente da fonti rinnovabili al 32% nel 2030.

Proprio queste biomasse, però, stanno sollevando grandi obiezioni, derivanti dal fatto che il loro utilizzo per il riscaldamento residenziale non solo non apporta i benefici preventivati, ma provoca emissioni di particolato (PM 2.5), il quale danneggia la salute e incrementa l’inquinamento atmosferico.

A queste obiezioni si cerca quindi di dare delle risposte, ad esempio condizionando le politiche di sostegno alle biomasse per uso residenziale all’utilizzo delle più efficienti tecnologie disponibili. Inoltre, sono sempre più frequenti le richieste tese a rendere più rigorosi gli standard emissivi delle tecnologie incentivabili e a rimodulare le politiche di incentivi in maniera tale da tenere conto degli impatti negativi sulla salute provocati dalle emissioni di inquinanti atmosferici, partendo proprio dal particolato.

Queste tematiche sono state ad esempio affrontate da uno studio condotto da Enea, dal titolo “Gli impatti energetici e ambientali dei combustibili nel settore residenziale”, in cui sono stati resi noti anche gli aspetti sanitari evidenziati da un altro report, quello stilato dallo Studio del Centro Controllo Malattie del Ministero della Salute, VIIAS (Valutazione Integrata dell’Impatto dell’Inquinamento atmosferico sull’Ambiente e sulla Salute).

Proprio i dati di Enea, derivanti da recenti analisi sulla qualità dell’aria in alcune zone del Paese, hanno in effetti evidenziato una presenza di inquinanti atmosferici e composti tossici elevata, nonostante siano state recepite le norme europee relative alle emissioni di impianti industriali e autoveicoli.

Anche in questa sede è stato evidenziato come la fiscalità agevolata delle biomasse dovrebbe essere rimodulata in maniera tale da incidere sulle possibili conseguenze negative delle stesse su ambiente e salute.

Proprio quanto emerso in relazione alle biomasse legnose, quindi, conferma la necessità di capire meglio l’indubbia utilità delle biomasse, cercando al contempo di mitigarne alcuni aspetti negativi emersi nel corso degli ultimi anni. Fermo restando quanto ricordato da Catharina Sikow-Magny, commissario della DG ENERGY della Commissione europea, nel corso di un recente dibattito nel Parlamento UE, ovvero l’importanza delle biomasse derivante dal rappresentare una delle principali fonti di energia rinnovabile in questa zona, con quasi il 60% di produzione. Dati tali da farne un elemento chiave per il conseguimento degli obiettivi prefissati a livello energetico e ambientale da oggi al 2050.

La Redazione

Mi chiamo Giuseppe e sono il fondatore di GreenYourLife, un blog pensato per fornire informazioni e consigli utili per uno stile di vita più sostenibile. Sono nato e cresciuto in uno dei posti più belli del mondo, la Sardegna, e sono sempre stato attento alle tematiche ambientali.

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