Biogas e biometano rappresentano una delle possibili opzioni per favorire la transizione verso forme di approvvigionamento energetico in grado di rispettare l’ambiente. Un’opzione la quale, però, continua ad essere sottovalutata a livello globale.
In particolare, attualmente viene sfruttata solo una piccola percentuale del potenziale dei rifiuti organici nella produzione di biogas e biometano. Un dato che è stato reso noto dall’Agenzia internazionale dell’Energia (IEA), secondo la quale proprio questi carburanti sarebbero in grado, da soli, di ricoprire sino al 20% dell’attuale domanda di gas mondiale. Le affermazioni in questione sono contenute all’interno di “Outlook for biogas and biomethane: Prospects for organic growth”, documento che rende note le stime elaborate in relazione al potenziale per il rifornimento di biogas e biometano, andando in particolare a valutare la disponibilità di materie prime sostenibili e i costi produttivi ad esse collegati in tutte le regioni del mondo.
La speranza è che la crisi energetica che farà prevedibilmente a sfondo alle sanzioni contro il gas russo possa aumentare l’attenzione verso biogas e biometano, spingendo a recuperare un grave ritardo nella loro adozione.
Il documento dell’Agenzia Internazionale dell’Energia
Il punto da cui parte IEA è rappresentato proprio dai rifiuti, ovvero i residui delle colture, i rifiuti solidi urbani, il letame prodotto dagli animali, le acque reflue e gli scarti forestali, la trasformazione dei quali in una risorsa energetica rinnovabile, ovvero biogas o biometano, sarebbe in grado di dare vita ad un modello del tutto nuovo, in cui la parola d’ordine è rappresentata dal continuo riutilizzo delle risorse. In tal modo diventerebbe possibile coniugare il soddisfacimento della crescente domanda di servizi energetici a benefici di carattere ambientale sempre più ampi.
Come abbiamo già ricordato all’inizio, biogas e biometano sono al momento sfruttati soltanto per una piccola frazione del loro effettivo potenziale, tanto da spingere gli esperti ad affermare che siamo appena allo stadio iniziale del processo. Nel corso del 2018 a livello mondiale sono stati prodotti circa 35 milioni di tonnellate di petrolio equivalente, in pratica una frazione del potenziale complessivo stimato, il quale potrebbe arrivare a coprire circa il 20 per cento dell’attuale domanda mondiale di gas naturale. Se in questo momento le opportunità maggiori sono da ravvisare nella regione Asia-Pacifico, dove il consumo e le importazioni di gas hanno dato vita ad una rapida crescita nel corso degli ultimi anni, anche in Europa, Africa e America, del Nord e del Sud, la tendenza è da considerare analoga.
Biogas e biometano: di cosa si tratta?

Per biogas si intende il prodotto derivante dalla decomposizione di materiali organici. I residui in questione vengono posti in un digestore in assenza di ossigeno dove, con l’ausilio di una serie di batteri, la materia organica si decompone, dando vita al rilascio di una miscela di gas formata da metano e CO2. Il risultato che viene ottenuto procedendo in tal modo è un gas rinnovabile, il quale è in grado di essere utilizzato in svariati ambiti, ad esempio per la produzione di energia elettrica e calore, sia a livello industriale che domestico.
Il biometano è a sua volta ottenibile mediante un processo di raffinazione e purificazione, per effetto del quale si avrà una forma purificata di biogas grezzo che può essere usata in qualità di sostituto del gas naturale. Nell’ambito di questo processo CO2, H2O, H2S ed altre impurità sono rimosse dando la possibilità di ricavare gas puro ad alto contenuto calorico adatto in particolar modo ad alimentare il settore dei trasporti. Facilmente immagazzinabile, il biometano può essere prodotto costantemente, andando a fare da contrappeso alla fornitura di energia proveniente da solare o eolico.
Quali sono i vantaggi del loro utilizzo?
Il primo vantaggio derivante dall’impiego di biometano è rappresentato proprio dalla sua notevole convenienza economica. Il suo prezzo, infatti, può essere inferiore del 30% rispetto a quello del gas naturale. In particolare, secondo l’Associazione Europea Biogas (EBA), il biometano può essere prodotto a partire da 55 €/MWh, contro gli 80 necessari per il gas naturale. Una cifra, la seconda, che peraltro non tiene in considerazione l’impatto della CO2, ovvero 18/MWh aggiuntivi, raggiunti con l’apporto del prezzo del carbonio, ormai attestato ai 90 euro per tonnellata emessa. In pratica, l’emissione di combustibili fossili nell’ambito del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (EU ETS), che interessa le centrali elettriche, gli stabilimenti industriali o il settore dei trasporti, comporta il pagamento di questa quota come forma di compensazione per ogni tonnellata di CO2 rilasciata nell’atmosfera.
Il gas rinnovabile, come appunto il biogas, è in grado non solo di assicurare un notevole risparmio di breve o medio periodo, ma anche in termini di competitività rispetto ad altri gas rinnovabili come l’idrogeno verde. Quest’ultimo, infatti, necessita ancora di tempo per riuscire a diventare competitivo in termini di convenienza, costando al momento sino a 4 volte in più.
Se la competitività del biogas va a dipendere dalle circostanze locali, è però in grado di assicurare vantaggi evidenti soprattutto nel caso in cui l’accesso alle reti sia più impegnativo o sussista un grande fabbisogno di energia termica, tale da non poter essere soddisfatto dalle altre fonti rinnovabili.
Il biometano, a sua volta, essendo in pratica non distinguibile dal normale gas naturale, può essere oggetto di trasporto mediante le infrastrutture già esistenti. Proprio la IEA attribuisce a questo carburante una prerogativa fondamentale, quella di permettere ai Paesi una riduzione delle emissioni collegate a settori particolari, a partire dal trasporto delle merci e dai processi produttivi dell’industria pesante. E, ancora, il biometano sarebbe in grado di dare un generoso contributo in termini di compatibilità di alcune infrastrutture del gas con un futuro a basse emissioni, migliorando non solo la sostenibilità economica, ma anche la sicurezza della transizione energetica.
La crescita del biometano
Come abbiamo ricordato, biogas e biometano potrebbero rappresentare una fonte di approvvigionamento importante in ambito UE.
Nel corso del 2020, infatti, è stato riscontrato un notevole aumento della sua produzione, che è arrivata a quota 133 milioni di metri cubi, derivanti dall’utilizzo di 18 impianti i quali hanno permesso di conseguire un consumo pari a 35mila tonnellate di biometano.
Si tratta però soltanto di un inizio, considerato come una rapida crescita a livello continentale potrebbe portare il dato complessivo a quota 34 miliardi di metri cubi di gas rinnovabile entro il 2030, ove si venisse a formare un quadro legislativo favorevole. In pratica si tratterebbe di circa il 10% della domanda totale di gas dell’eurozona entro il 2030. È ancora l’EBA ad affermare che un trend di questo tipo si tramuterebbe entro il 2050 in una capacità da parte dell’industria del biometano di coprire tra il 30 e il 40% del fabbisogno di gas in ambito UE.
Mentre per quanto riguarda il nostro Paese è Terna ad affermare che si potrebbe arrivare a 2,5 miliardi di Nm3 prodotto in un anno da oltre 1600 impianti di digestione anaerobica i quali utilizzano in maniera principale gli scarti e i sottoprodotti provenienti dalla filiera agroalimentare.
Secondo il Consorzio Italiano Biogas (CIB), nel nostro Paese sarebbero operativi al momento circa 1.500 impianti di cui i 1.200 in ambito agricolo. Esaminando la questione da un punto di vista potenziale, però, l’Italia potrebbe arrivare a produrre entro il 2030 sino a 8,5 miliardi di metri cubi di biometano, colmando tra il 12 e il 13% della domanda di gas naturale. Sempre il CIB afferma che il settore potrebbe essere in grado di regalare 21mila posti di lavoro e 16 miliardi di euro sotto forma di entrate erariali nello stesso periodo. Un dato che tiene in conto ricadute economiche per poco meno di 86 miliardi di euro, così ripartiti: 17,7 nell’uso elettrico, 15 nel settore dei trasporti e 53,1 grazie all’immissione nella rete. Dati resi ancora più preziosi dalla riduzione di emissioni nocive.
La necessità di un quadro politico chiaro e favorevole
Lo scenario che si sta delineando rende sempre più chiara la necessità di un sostegno politico teso a formare un quadro effettivamente favorevole per poter attrarre investimenti nel settore. Un quadro in cui, però, è assolutamente indispensabile un forte intervento pubblico, per poter riuscire a sfruttare le grandi potenzialità del biometano. A richiedere questo scenario è in particolare la European Biogas Association, la quale prefigura una nuova partnership tra settore pubblico e privato al fine di produrre 40 miliardi di metri cubi di biometano entro il 2030. Ai 34 miliardi di metri cubi di cui si parlava in apertura, si potrebbero infatti andare ad aggiungere i 6 che potrebbero essere forniti dall’Ucraina, Paese notoriamente agricolo. Un dato che, però sembra prescindere al momento dalla situazione stabilita dalla guerra e dalle ricadute sull’apparato produttivo dello stato orientale.
Proprio l’Italia, in un quadro di questo genere, potrebbe rivelarsi uno snodo centrale per ricerca e implementazione di strategie legate alla promozione del biometano. A renderla tale è la concomitante presenza di un gran numero di veicoli a metano e di dato elevato per quanto concerne il gas importato. Uno strumento importante in tal senso è costituito da un aumento esponenziale nella raccolta del rifiuto organico, grazie al quale sarebbe possibile una decisa crescita della produzione di biogas e biometano, tale da sfociare infine in una riduzione di gas climalteranti estremamente rilevante.
Le fake news su biogas e biometano
Occorre però rilevare come biogas e biometano si trovino a scontrarsi con una lunga serie di notizie false, spesso propalate da chi ha tutto l’interesse a lasciare la situazione energetica com’è oggi. Si afferma ad esempio che si tratti di impianti inquinanti, fonti di odori sgradevoli, in grado di sviluppare batteri patogeni.
Una serie di vere e proprie bufale le quali sono state poste al centro di una campagna “Unfakenews” di Legambiente e Nuova Ecologia, in cui sono state non solo raccolte, ma anche smontate.
Per quanto riguarda i vari aspetti, occorre infatti ricordare:
- le emissioni inquinanti di biogas e biometano sono assolutamente minime rispetto a quelle rilasciate da altri tipi di impianti, oltre che molto più controllate. Per quanto concerne il primo passaggio necessario per la produzione di biogas, la digestione anaerobica, la fase di fermentazione dei materiali organici per la trasformazione in biogas avviene infatti in ambienti chiusi, in assenza di ossigeno e senza alcun rilascio di emissioni gassose in atmosfera. Inoltre, nel corso del processo di upgrading, necessario per dare vita al biometano, la miscela di gas viene ad essere depurata ricorrendo alla rimozione di solidi in sospensione e tracce di altri gas (CO2, H2S, H2O, NH3). Senza contare come negli impianti più innovativi sia previsto il recupero di CO2, il quale viene impiegato nel settore dei gas tecnici, in quellp alimentare o in veste di componente per la produzione di materiali;
- per quanto riguarda la sgradevolezza degli odori emanati dalla produzione di biogas, nelle fasi di trasporto e stoccaggio del materiale in arrivo e in uscita si generano in effetti negli impianti più datati. In quelli di ultima generazione, però, è prevista la presenza di ambienti chiusi per il recepimento e lo stoccaggio del materiale, forniti di unità di captazione e trattamento d’aria, approntati proprio nell’intento di prevenirne la diffusione. Occorre inoltre sottolineare come il processo biologico anaerobico sia in grado di riversare un effetto igienico sanitario sulla materia prima utilizzata, andando in pratica a ridurre la possibilità di odori sgradevoli;
- infine, non solo non si svilupperebbero agenti patogeni, a partire dai clostridi nel digestato, ma avverrebbe esattamente il contrario. È proprio la letteratura scientifica ad affermare senza possibilità di confutazione come il processo di digestione anaerobica sia in grado di abbattere drasticamente la presenza di gran parte dei batteri nocivi per l’uomo. Per effetto di questo procedimento, il digestato diventerebbe molto più sicuro del refluo zootecnico. Senza contare la rilevazione di una forte tendenza alla diminuzione di agenti patogeni una volta terminata questa fase.
La stessa Legambiente ha poi affermato come sia molto importante cercare di limitare per quanto possibile lo spostamento di rifiuti a livello territoriale, per ovvi motivi. Il modo migliore per poterlo fare è rappresentato dalla realizzazione di impianti su scala provinciale nelle aree industriali, posizionati nelle immediate vicinanze dei luoghi in cui risulta maggiore la produzione dei rifiuti da trattare.
Per quanto riguarda poi l’aspetto dimensionale, occorre tenere presente come nel corso dei prossimi anni sia ampiamente prevedibile un deciso aumento in relazione alle percentuali di raccolta differenziata dell’organico. Un dato il quale obbliga ad una progettazione degli impianti in un’ottica di pianificazione. In un quadro simile, anche gli impianti per i fanghi di depurazione dovranno essere posizionati in prossimità dei siti adibiti al trattamento delle acque reflue. Mentre quelli agricoli dovranno essere dimensionati sulla base delle matrici agricole relative non solo all’azienda, ma anche dell’immediato circondario. Con un occhio di riguardo alla realizzazione di un sistema in cui proprio gli impianti vadano a fare da baricentro nei confronti dei luoghi in cui avviene la produzione.
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